Anni Settanta.
I miei ricordi di bambina: il bagnetto nella vasca insieme a mio fratello, la cena e il Carosello, il Subbuteo e la bicicletta senza cavalletto che quando non avevi più voglia di pedalare la lasciavi andare e cadeva, noi quattro in auto a cantare improbabili motivetti, pigiami e pantofole inguardabili, i capelli delle mamme cotonati e tendenti al mogano, i baffi degli uomini, il rasoio e la pietra di allume, papà che mi porta a casa in braccio dopo un viaggio in auto, la gioia nel vederlo rientrare dal lavoro, la TV in scatola e i pomeriggi trascorsi distesa sul tappeto del salotto a disegnare fantomatici personaggi con le matite colorate.
Gli occhi di un bambino vedono e “sentono”.
Percepiscono anche le ombre.
Lui ha visto.
I traumi si trasformano in bombe a orologeria in corpi acerbi e in affanno.
Ci si rifugia nella fantasia, immaginando amici inesistenti e viaggi fuori dalle regole che colmano vuoti e mancanze.
“Tu non sei papà”.
Legami forti e inconfessabili.
Pianti repressi e forza d’animo tradita da occhi lucidi.
Lui ha visto.
Gli sguardi e i sentimenti ti trafiggono. Anche le origini risultano sfocate e poco chiare.
Luoghi incantati e sullo sfondo il mare. Tradizioni che si intrecciano nelle aie di casolari antichi dove il dialetto misura lo spessore degli affetti.
Lui ha visto.
Inquadrature magnifiche.
La Regia di Claudio Noce è magistrale.
Due attori straordinari.
Il migliore non è Pierfrancesco Favino.
Ma Mattia Garaci.
Due occhi limpidi ed un caschetto biondo che distraggono da tutto … anche dal dolore infuocato di quegli anni strazianti e pesanti come “piombo”!