Certe volte la realtà che ci viene raccontata nei film ci appare incredibilmente lontana e stentiamo a credere che di realtà, appunto, si tratti. Come se i registi avessero per qualche strano motivo necessità di calcare la mano su episodi drammatici del passato per scuotere le coscienze individuali e collettive e riportare saggezza e sobrietà nei costumi e nel modo di vivere di ognuno. E invece, capita spesso che quanto viene raccontato non è finzione scenica, nè mistificazione della realtà – in senso accentuativo o riduttivo – ma il frutto di un elaborato lavoro di ricerca storica e documentale che determina una descrizione dei fatti riportati sul grande schermo che è piuttosto verosimile di quanto accaduto nella realtà. Sul tema della tortura effettuata nelle carceri in Paesi sottoposti a regimi dittatoriali si è detto e scritto abbastanza, ma vi assicuro che il film “Una notte di 12 anni” di Alvaro Brechner illustra perfettamente una condizione, quella dei carcerati (militanti di movimenti politici evidentemente avversi al regime), scevra dall’esercizio di qualsivoglia diritto umano ed anzi aggravata da violenze, soprusi e sopraffazioni che vanno ben oltre il limite della naturale condizione di essere umano. Siamo nei primi anni Settanta. In Uruguay. All’epoca della dittatura civile-militare di Juan Maria Bordaberry. Ci viene sapientemente raccontata la storia di tre appartenenti alle formazioni clandestine dei Tupamaros, prigionieri politici del regime ed in quanto tali sottoposti a svariate forme di tortura che ne minano la stabilità fisica e psichica. Il film è di per sé crudo e violento. Le immagini delle loro umilianti condizioni di vita (é un eufemismo chiamarla tale!) lasciano il telespettatore smarrito e disgustato, anche nel suo domandarsi costantemente come si possa resistere alle angherie ed al delirio di onnipotenza di quelli che si credono forti ma che in realtà sono i deboli. Il buio nella vita dei tre dura dodici anni (da qui il titolo!). Poi il ripristino della democrazia nel Paese determina il loro riconciliarsi con una esistenza quanto meno dignitosa. Uno dei tre è Jose Alberto Mujica Cordano, Presidente dell’Uruguay dal 2010 al 2015 e uomo politico stimato dai suoi cittadini e dalla intera comunità internazionale per la sobrietà dei suoi costumi di vita e la grande generosità che mostrò di avere nei confronti dei poveri del suo Paese. Il film è stato premiato agli European Film Award, ha ottenuto tre candidature e vinto un premio ai Goya. Io l’ho trovato impegnativo ma molto, molto interessante, sia dal punto di vista storico che da quello umano … pagine di vita che non andrebbero mai dimenticate.