E su questo, non vi è alcun dubbio. Il titolo del libro appena terminato di leggere, “Una grande storia d’amore” di Susanna Tamaro, può apparire banale, ma l’autrice di uno dei libri più venduti al mondo qualche decennio fa (ndr “Va dove ti porta il cuore”) non delude e ci regala un romanzo dalla scrittura limpida e precisa in cui è Andrea, il protagonista maschile, a scandire il ritmo della descrizione dei caratteri dei personaggi, delle loro vicende, del tempo in cui si svolgono, di quella grande storia d’amore che altro non è poi che la storia non di uno ma di tanti incontri che si sono susseguiti in un arco temporale molto ampio. Sempre tra le stesse due persone, molto diverse tra loro eppure molto compenetrate l’una nell’altra. Lui è un comandante che alterna periodi di imbarco su traghetti e navi mercantili a periodi di imbarco su navi da crociera. Rigoroso e ordinato come le regole militari e/o civili che siano impongono sempre. Lei una insegnante di lingua cinese affascinata dalla ideologia comunista degli anni Settanta, disordinata, caotica e molto naif. Si incrociano più volte nel corso della loro esistenza. In luoghi e circostanze diverse. Quindi, non è una storia “canonica”, banale o convenzionale come il titolo lascerebbe intendere. È una storia di umane fragilità, di illusioni che si intrecciano con le disillusioni, di ideali che crollano, di fallimenti che creano opportunità. Poi c’è l’Amore. E il suo modo anomalo di presentarsi (“in fondo, ciò che ci ha unito è stato anche l’essere entrambe persone solitarie. Avevamo i nostri spazi e sono stati questi spazi a permetterci di navigare uno accanto all’altro così a lungo con un certo livello di armonia. Nessuno dei due si è mai annullato né è stato fagocitato dall’altro. Essere uniti rimanendo diversi”). Un libro che si legge velocemente perché se ne intravede l’epilogo ma si fa fatica ad immaginare le contorte pieghe dell’abito sartoriale che l’autrice abilmente tesse. Un libro dall’amara verità e cioè che “la vita è troppo complicata, appena ci si muove si fa del male a qualcuno” ma anche dalla più gratificante speranza che è quella per cui tutti dovremmo essere testimoni del miracolo della vita, che vuol dire “non arrendersi, non smettere di stupirsi, non permettere che i fantasmi che generano le piccole morti quotidiane che ci circondano abbiano il sopravvento sui nostri giorni