Il primo Presidente degli Stati Uniti ad essere messo in stato d’accusa dal Congresso ed il cui processo si concluderà postumo, cioè dopo che lo stesso avrà terminato il suo mandato. Lo spaccone repubblicano fa il pieno di voti alla Camera: 222 sono quelli dei democratici e 10, invece, quelli raccolti tra le fila dei suoi stessi colleghi repubblicani, da lui tacciati di essere i “deboli”.
I primi due articoli della Costituzione americana disciplinano l’istituto dell’Impeachment, in caso di “tradimento, corruzione ed altri crimini” commessi dal Presidente della Repubblica, la più alta carica dello Stato. Il contenuto è simile a quello previsto dall’art. 90 della nostra Costituzione, per la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica da parte del Parlamento, ma la procedura è differente, e non può non rilevare il fatto che la forma di governo dei due Paesi sia diversa e la circostanza che gli USA siano una repubblica presidenziale e non parlamentare come la nostra.
Dopo che la Camera si è espressa per l’impeachment di Trump, spetterà al Senato (il prossimo 19 gennaio) votare ed affinchè l’accusa venga formalizzata occorrerà il voto in tal senso della maggioranza qualificata dei senatori, per cui sarà necessario che almeno diciassette repubblicani votino con i democratici. Il partito conservatore è letteralmente spaccato in due, tra chi non considera Trump responsabile di quanto accaduto lo scorso 6 gennaio a Capital Hill, e l’ala moderata del partito che, invece, prende le distanze dal comportamento quanto meno sconsiderato ed inopportuno dello stesso.
La rivolta dei facinorosi trumpiani ha senza dubbio influito sulla decisione di sottoporre il Presidente in carica all’impeachment, ma bisogna in ogni caso considerare che il comportamento assunto dallo stesso, durante tutto il periodo in cui egli è rimasto in carica, è sempre stato borderline per quanto riguarda il rispetto delle regole del “gioco”, sconfinando spesso in una prevaricazione, verbale e non soltanto, sull’asset democratico del Paese, fino a sgretolare, agli occhi del mondo intero, quell’immagine rassicurante che lo ha sempre contraddistinto. Oggi siamo tutti più attenti e vigili, maggiormente consapevoli di quanto il potere istighi comportamenti affatto irreprensibili, ed anzi piuttosto squalificanti e meritevoli di stigma, e del fatto che spesso, a macchiarsi di siffatti comportamenti, siano persone quantomeno poco equilibrate, per non dire psicologicamente alterate. Il che ci condanna ad uno stato di fatto assolutamente precario, che offre pochissimi margini di certezza anche in merito a diritti che parrebbero prima facie ormai acquisiti.