“Navigare a vista in questo mare non appare opportuno” deve aver pensato il Presidente Mattarella, garante della Costituzione e della unità nazionale, quando ieri gli e’ stato comunicato il fallimento del tentativo di ricostruire una maggioranza tra i precedenti schieramenti governativi. E così, dopo solo pochi minuti dal severo discorso con cui ha stigmatizzato il comportamento poco costruttivo della intera classe politica italiana, ha fatto il nome di Mario Draghi, autorevole personalità del mondo economico, riconosciuta a livello nazionale ed internazionale. E il suo nome ha fornito la reazione pressoché univoca del sentirsi rassicurati da chi quel monte di miliardi di euro che stanno per esserci consegnati dall’Europa saprà gestirli nel migliore dei modi … da chi “wathever it takes”. Draghi e’ convocato per questa mattina al Quirinale. Non sappiamo se accetterà l’incarico che vorrà conferirgli il Presidente ma tutto lascia presumere che si renderà disponibile. È un uomo che trasuda competenza da tutti i pori. Ha una formazione universitaria e professionale che non si discute e che certamente non può non essergli riconosciuta, anche da chi in questo momento rivendica, inopportunamente, che “la sovranità appartiene al popolo” (che c’entra?!) o da chi, altrettanto inopportunamente, ne evidenzia il profilo da banchiere e perciò poco incline a calarsi nella realtà socio economica che ci appartiene. Il Recovery Plan che consentirà esborsi per 210 miliardi di euro punta ad ambiziosi obiettivi di crescita economica e prevede interventi congiunti ai tre assi strategici condivisi a livello europeo:

• digitalizzazione e innovazione,

• transizione ecologica,

• inclusione sociale.

Prevede, inoltre, una imponente collaborazione tra pubblico e privato, visto che gli investimenti avverranno in entrambe le sfere (oltre il 70% dei 210 miliardi di euro sarà previsto per gli investimenti pubblici, il 21% circa sarà invece dedicato a quelli privati). Infine, si mira si mira al rafforzamento del ruolo della donna e al contrasto alle discriminazioni di genere, all’accrescimento delle competenze, della capacità e delle prospettive occupazionali dei giovani, al riequilibrio territoriale e allo sviluppo del Mezzogiorno. Ecco perché il piano approvato dal Consiglio dei Ministri lo scorso 21 gennaio è stato articolato in sei missioni, che rappresentano le ‘aree tematiche’ strutturali di intervento:

• digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura;

• rivoluzione verde e transizione ecologica;

• infrastrutture per una mobilità sostenibile;

• istruzione e ricerca;

• inclusione e coesione;

• salute.

Alla luce di questo ambizioso progetto, dunque, ed affinché non venga sperperata – come spesso è accaduto quando l’Italia ha avuto a disposizione fondi da investire sul territorio – l’enorme quantità di denaro che ci viene consentito di gestire, dovremmo tutti in questo momento augurarci non soltanto che questo autorevole esponente del mondo economico e finanziario internazionale – orgoglio italiano – accetti l’incarico che il Presidente Mattarella si appresta tra poche ore a conferirgli, ma anche che tutte o quasi le forze politiche presenti oggi in Parlamento accordino la fiducia alla squadra che lui stesso metterà in campo. Perché è una opportunità unica per l’Italia e per gli Italiani … anche per quelli che incomprensibilmente hanno abbracciato il credo dell’ “uno vale uno”, non condivisibile soprattutto quando un soggetto presenta una statura umana e professionale assolutamente superiore alla media e non facilmente sostituibile.