È di qualche giorno fa la notizia dello sfogo di Beppe Grillo sui social in merito al caso giudiziario che vede coinvolto suo figlio Ciro ed alcuni suoi amici, rinviati a giudizio con l’accusa di stupro di gruppo ai danni di una ragazza diciannovenne in vacanza in Sardegna. Grillo ha gettato ombre (e strali!) sulla vicenda, entrando nel merito del comportamento che nel caso di specie avrebbe assunto il figlio, qualificando lo stesso come quello di un “coglione” piuttosto che come quello di uno stupratore. Ha dichiarato, con una requisitoria straripante degna di un provetto avvocato, che la ragazza in questione sarebbe stata consenziente, e che il reato di stupro contestato al figlio non sarebbe in ogni caso supportato dal comportamento assunto dalla presunta vittima nei giorni immediatamente successivi al fatto, trascorsi serenamente ed in perfetto stile vacanziero prima della denuncia per stupro, sporta soltanto dopo otto giorni. L’uscita quanto meno inopportuna di Grillo ha suscitato non poche perplessità tra le fila dei suoi stessi sostenitori politici. Qualcuno ha preso le distante. Altri hanno preferito tacere. Poi c’è chi ha “giustificato” … in virtù di una presunta “emotività genitoriale” che non si nega a nessuno. Sta di fatto che fa storcere il naso l’emotività in chi ha sempre puntato il dito contro il prossimo, senza giustificare in alcun modo comportamenti e stati d’animo appartenenti agli “altri”, soprattutto a chi, avendo commesso un errore, si trovava all’occorrenza sul banco degli imputati. È il giustizialismo professato sin dalla nascita dal movimento politico di cui Grillo è leader indiscusso. Quello in virtù del quale, in altre epoche, è stata tagliata la testa ai Giacobini. Oggi, con un doppio tuffo carpiato all’indietro, Grillo abbandona il giustizialismo e si reinventa garantista. Ma lo fa soltanto perché sul banco degli imputati siede suo figlio. Ed ecco che allora, nelle vesti di padre (e contraddistinto da quella emotività che il ruolo gli consente), egli ritiene erroneamente di potersi sostituire a quella Magistratura che ha sempre riconosciuto autonoma e indipendente; mostrando, dunque, l’incoerenza propria di chi non è in grado di oggettivizzare una situazione e di mantenere l’aplomb e il distacco emotivo che, chi ricopre la leadership di un movimento politico, dovrebbe sempre possedere. Perché la Giustizia farà senz’altro il suo corso … ma il giustizialismo – inteso come ricorso ad una giustizia severa, magari rapida e sommaria – sarà soltanto una delle tante tappe del percorso camaleontico di un giullare che si credeva re!