A volte vedo il mondo così.

Da un obiettivo molto particolare.

Una foglia accartocciata sul suolo, della quale risultano ben in evidenza il picciolo, le nervature, i margini e gli stomi.

Mi appaiono come le piccole preoccupazioni e gli ostacoli da superare quotidianamente per procedere sul sentiero della Vita.

La foglia è morta.

Di colore scuro, arricciata, accartocciata, appunto, completamente disidratata.

Ormai lontana dal ramo dell’albero a cui era attaccata.

È caduta.

Magari si trova lontano dal “suo” albero, perché il vento ne ha condotto la direzione facendo in modo che si adagiasse su un suolo distante dal luogo di origine.

Mi torna alla mente un verso della poesia di Montale.

Spesso il male di vivere ho incontrato:

era il rivo strozzato che gorgoglia,

era l’incartocciarsi della foglia

riarsa, era il cavallo stramazzato.

Bene non seppi, fuori dal prodigio

che schiude la divina Indifferenza:

era la statua nella sonnolenza

del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato”

E come per Montale, il dolore e la sofferenza per le cose terrene mi appare superabile con il distacco da esse. Attraverso l’Indifferenza che sempre dovrebbe provarsi nei confronti della banalità del mondo e di tutto ciò che appare frivolo e inconsistente.

Infatti, all’estremità di questo mio cannocchiale naturale, scorgo la Vita.

Alberi che, nonostante la stagione autunnale, appaiono perfettamente sani ed in grado di affrontare l’inverno. Saldi al terreno, con radici possenti e un alto fusto che si protende verso il cielo.

Si intravede una persona.

Alla quale non attribuirei uno specifico sesso ma che identificherei, piuttosto, con l’essere umano in generale, il quale, abbigliato in modo tale da poter affrontare senza timore le temperature rigide della stagione invernale che sta per cominciare, cammina volgendo le spalle alla Morte … in direzione della Vita!