Ho imparato che quando si va via dalla vita di una persona, bisognerebbe accertarsi di aver lasciato tutto in ordine, prima di chiudere la porta. Essere sicuri di ciò che si sta lasciando ed altrettanto sicuri di non volerci tornare. Sarebbe bene guardarsi negli occhi e avere cura di raccontarsi, di ciò che è stato, di ciò che si è realizzato insieme, di ciò che si intende realizzare ancora … con o senza la presenza dell’altro. Dovremo chiedere all’altro “Come stai?”, “Cosa pensi?”, “Quanto fa male?”. Ecco, quanto fa male. E poi abbracciarlo, forte, facendogli percepire che il suo amore non è andato sprecato. Non è stato vano. Quando ce ne andiamo dalla vita di una persona, dovremmo avere le mani pulite. Dovremmo chiedere scusa, come quando il giorno che siamo entrati avremmo dovuto chiedere permesso. Oggi nessuno chiede più “permesso” prima di entrare in casa altrui; prima di entrare nella vita altrui. Il più delle volte, in casa d’altri, si entra con leggerezza, guasconi e scanzonati come ci hanno insegnato ad essere per apparire “fighi”. Ci si accomoda su poltrone e divani, si beve, si mangia, si fuma, si fa altro quando le condizioni lo consentono, ci si diverte, insomma, e poi … poi si fa tardi – ognuno ha il proprio orario di rientro – e si decide di andar via. A chi non è capitato?Padroni e padrone di casa. Di doversi sobbarcare il “dopo festa”? Bicchieri e piatti sporchi sparsi un po’ ovunque in casa: sulle mensole, sui tavoli, sui braccioli dei divani. Briciole a terra, mozziconi di sigarette nei posaceneri e talvolta persino sui davanzali o nei vasi delle piante. Un bel casino, insomma. Ecco … accade anche quando si va via dalle vite. C’è chi esce così … curandosi poco di ciò che lascia. Meno ancora di chi lascia. Ed è un casino per chi resta. Bisogna raccogliere cocci e briciole, far pulizie, ordinare, arieggiare. Ed è un lavoro impegnativo!

Nelle vite si entra e si esce, è ovvio. Fa parte del nostro essere fluidi, poco inclini alla fedeltà, alla coerenza, alla perseveranza, alla tolleranza. Qualcuno ha parlato di società “liquida”. Io preferisco ritenerci semplicemente poco statici. Alla continua ricerca di stimoli e novità. Irrequieti e mutanti. Si entra e si esce, dicevo. Credo, però, che la differenza la facciano le modalità … e le parole.

“Permesso”.

“Grazie”.

“Prego”

“Come stai?”

“Ti aiuto a mettere a posto prima di andar via”

“Ciao!”