Ti ho amato di un amore raro. Ti ho dato passione, affetto, cuore. Soprattutto cuore. Ti ho donato i miei errori. Le mie paure. Le mie fragilità. E le mie emozioni. Sei stato un rifugio nei giorni di pioggia. Un porto sicuro quando continuavo a smarrirmi. Come va la tua vita dopo di me? Vorrei dirti che l’ho già superata, ma non è così. Le cose belle fanno fatica a passare.” Chissà se noi passeremo mai. Sono ancora arrabbiata con te, perché quando ti guardavo ero sicura che i tuoi occhi non sapessero mentire. Che quel luccichio che emanavano soprattutto in certi momenti fosse in grado di scaldarti il cuore. E sciogliere quella coltre di ghiaccio che lo ricopre. A volte capita di amare qualcuno e di saperlo già, che prima o poi ti farà del male. Ma quando succede è un pugno allo stomaco lo stesso. Con te è stato così. Mi sono fidata pur sapendo che eri “inaffidabile”. Perché alla inaffidabilità sbandierata come una vessillo piantato sul territorio nemico facevano da contraltare una tenerezza ed un desiderio che quel territorio lo smembravano, lo rimestavano, lo rinnovavano. Fino a renderlo morbido e fecondo. Era tutto diverso da quello che era stato prima. E quindi sapere che sei come gli altri fa male il doppio. Fa male perché hanno perso magia anche i ricordi. Hai reso tutto normale quando noi ci siamo sempre detti di non esserlo. Quando ti guardo ultimamente vedo il vuoto. Ed io non voglio caderci dentro. Voglio essere quello che sono sempre stata. Quello che i miei genitori mi hanno insegnato ad essere. Nelle mie granitiche convinzioni che due si amano quando si amano. Nel più tradizionale dei modi. Rispettandosi ed aiutandosi vicendevolmente. Costituendo un punto di riferimento l’uno per l’altro. Disdegno relazioni per quanto mi riguarda anomale, disimpegnate, “liquide”, caratterizzate esclusivamente da emozioni, sensazioni, incontri clandestini, amplessi ginnici e voluttuosi ma scevri dal sentimento d’amore, attimi di gioia fugaci in una esistenza basata sull’egoismo più becero che esista. Tutto zucchero a velo che se soffi si disperde nell’aria. Emozioni vacue, effimere, che evaporano in un secondo. Io non voglio secondi che siano fini a se stessi. Voglio secondi che insieme costituiscano minuti. E minuti che insieme costituiscano ore. E ore che insieme costituiscano giorni. È così via … So cosa pensi. Che sono infarcita di Principi e Valori ormai obsoleti. Quelli che mi rendono disponibile verso gli altri, solidale con chi è in difficoltà, empatica, generosa, “buona”. So anche che questa mia “bontà” mi rende vulnerabile, tenera come il burro e facilmente manipolabile dai “cattivi” perché, volta e gira (gira e volta), chi approfitta delle debolezze altrui non è una bella persona. Lo hai fatto in passato e continui a farlo. Senza pudore. Ammettendolo candidamente. “Si, ne approfitto”. Mi domando se quando pronunci determinate parole tu ti renda conto di provocare dolore e sofferenza a chi ti vuole bene. Preferisco che il tuo tacere abbia la meglio sulla tua spontaneità? No. Preferisco semplicemente allontanarmi da persone che si rivelano per quello che sono realmente e che, così come sono, non mi piacciono. L’idea che mi ero fatta di te è stata purtroppo mistificata dalla maschera che così abilmente hai indossato fino a quando ti ha fatto comodo. Il tuo vero volto, la tua identità, senza quella maschera, proprio non mi appartiene. E tra i cocci smerigliati di questo specchio rotto, ferita dalle schegge appuntite di una immagine sbiadita andata in frantumi, resta la consapevolezza di averti amato tanto. “Ti ho amato di un amore raro. Ti ho dato passione, affetto, cuore. Soprattutto cuore