Le differenze culturali passano spesso attraverso oggetti di uso comune o quotidiano. Di ritorno da una vacanza a Sharm el-Sheik – perla della penisola del Sinai sul Mar Rosso – discuto con mia figlia adolescente del fatto che accanto a noi hanno fatto il bagno donne e ragazze vestite di nero dalla testa ai piedi, nonché delle numerose conquiste, da parte delle donne occidentali, di diritti e prerogative che fino a mezzo secolo fa spettavano esclusivamente agli uomini. Io non so se le donne musulmane sono propense ad affrontare battaglie di questo genere. Tutto sommato, mi sono apparse appagate e fiere del loro essere “diverse” rispetto alle donne occidentali, rigorosamente in bikini e indifferentemente “esposte” agli sguardi altrui. Onestamente, sono rimasta colpita proprio dal loro portare quello “scafandro” che le ricopriva con orgoglio e convinzione mentre camminavano altere su quelle spiagge dorate e bollenti che inviterebbero chiunque a denudarsi. Molte portavano una sorta di calzamaglia sintetica nera sotto gonne più o meno lunghe ed avvolgenti ed un body a maniche lunghe che lasciava scoperte soltanto le dita delle mani. Pare si chiami burkini. È il loro costume da bagno. In testa il velo, lo hijab o il niquab. In entrambi i casi, non un capello che fuoriesciva. Con la differenza che di chi porta lo hijab si riesce a guardare il volto. Con il niquab l’unica parte scoperta del viso sono gli occhi. Molte donne avevano ciascuna tre, quattro bambini al seguito. Maschi e femmine. Queste ultime mai in costume mono o due pezzi, anche se giovanissime d’età. Quelle più grandi erano invece già coperte integralmente. A partire dalla pubertà, infatti, ognuna di loro copre il capo con il velo, a suggello di un rito di passaggio che indica che ora sono cresciute e sono diventate definitivamente delle donne. Molte ragazze, copertissime nelle loro “mute” nere, erano accompagnate da un uomo che teneva loro la mano o porgeva loro il braccio per aiutarle nell’incedere sulla sabbia o semplicemente per affetto. Il fidanzato o il marito, presumo. Facevano il bagno così. Nel mare e in piscina. Senza alcuna forma di ammirazione, di curiosità o di disprezzo verso noi altre che facevamo il bagno in bikini. Certo. Sharm el-Shejk è senz’altro meta di turismo internazionale già da diversi anni. E quindi, probabilmente, anche gli arabi vivono la coesistenza in spiaggia di due realtà femminili così diverse in modo quasi del tutto normale. Non ho avvertito su di me sguardi particolarmente intrisi di desiderio da parte degli uomini. Come se il fatto di non vedere le proprie donne in bikini non costituisse per loro una mancanza. Probabile che non lo sia; oppure, che considerino le occidentali donnucole da quattro soldi pronte a vendersi al primo acquirente. Non so. Io ho notato integrazione. Pacifica e tollerante coesistenza di due realtà culturali e religiose molto diverse tra loro. Forse non è così. Forse mi sbaglio. Mi hanno soltanto intenerito le ragazzine più giovani, adolescenti dell’età di mia figlia. Quelle a cui probabilmente certe abitudini vengono imposte dalla famiglia, dal contesto socio culturale in cui vivono e/o dalla religione che praticano. Ecco, in luoghi emancipati, in società lontane da regimi teocratici, ognuno è libero di accettare o meno i dettami del proprio credo, è libero di interpretare le regole di Bibbia o Corano e di scegliere in che modo seguirle. E sta proprio qui la differenza tra oppressione e indipendenza, tra abuso e libertà di scelta. Sta nella possibilità, per le donne musulmane, di scegliere se indossare o meno il velo, non per imposizione da parte di una società culturalmente maschilista ne’ per devozione religiosa. Allo stesso modo, però, di come sta negli occhi di chi guarda il non cercare l’oppressione dove non c’è, finendo per soffocare, nel nome di un’ipocrita parità e di una finta superiorità, l’infinitamente prevaricato diritto alla libera scelta delle donne. Perché è questo ciò che conta veramente. La libertà di scelta. L’unica battaglia che forse varrebbe la pena che le donne arabe e musulmane conducessero!