Oggi più che mai si pone il problema del risparmio energetico e delle fonti alternative di combustibili a cui è possibile far ricorso. Il conflitto russo-ucraino sta mettendo, infatti, a dura prova i sistemi di approvvigionamento di gas propri dei Paesi europei e non solo. L’Italia, in particolare, che nel 2021 ha importato dalla Russia il 38,2 % del gas che consuma (pari a circa 29,07 miliardi di metri cubi), si è trovata costretta – a causa delle sanzioni economiche che insieme a tutti gli altri Paesi della NATO ha deliberato di applicare nei confronti della Russia – a ripensare alla propria politica energetica, prevedendo finanche una inversione di rotta rispetto a quanto intrapreso negli ultimi decenni (si pensi al referendum sul nucleare del 1987 che, sebbene non avesse direttamente ad oggetto l’abbandono del nucleare in Italia, ha avuto come diretta conseguenza la dismissione delle quattro centrali nucleari allora attive sul territorio).
Si è pensato, quindi, di acquistare maggiori quantitativi di gas dall’Algeria, dall’Azerbaijan e dalla Libia (già Paesi fornitori). Ma anche di ritornare all’utilizzo del carbone (soltanto in caso di estrema necessità ed urgenza), riattivando le centrali (attualmente sette sul territorio nazionale) che però, secondo il PNRR, andrebbero chiuse o convertite entro la fine del 2025 per rispettare gli obiettivi di decarbonizzazione della Unione Europea.
Si è parlato, infine, di diversificare le fonti energetiche, utilizzando forniture alternative come, ad esempio, il GNL che andremmo ad esportare da altri Paesi ed in particolare dagli Stati Uniti.
Il GNL, o Gas Naturale Liquefatto – da non confondere con il GTL (Gas To Liquid) ultimo stadio del processo di raffinazione degli idrocarburi dallo stato gassoso a quello liquido (al fine di ottenere olii combustibili da utilizzare puri o in combinazione con altri combustibili diesel) – è una miscela di idrocarburi costituita prevalentemente da metano (90-99%) che si ottiene sottoponendo il gas naturale, dopo opportuni trattamenti di depurazione e disidratazione, a successive fasi di raffreddamento e condensazione. La liquefazione del gas (a -162 gradi Celsius) – che avviene in impianti costieri o offshore – consente di ridurne il volume di circa 600 volte e, dunque, di stoccarlo e trasportarlo agevolmente, ed a costi competitivi, mediante specifiche navi dette “metaniere” (https://fb.watch/g5odxYmCyy/). Ovviamente, il gas naturale liquefatto deve essere rigassificato prima di essere immesso nella rete nazionale del paese consumatore e questo per l’Italia comporterebbe un’attività di programmazione della implementazione degli impianti di rigassificazione, i quali potrebbero essere realizzati presso strutture portuali già esistenti (per usufruire del supporto tecnico e logistico) o anche attraverso la costruzione di terminali galleggianti ancorati al fondo del mare, di isole artificiali o di navi rigassificatrici (https://fb.watch/g5vfjmFSCG/).
Ovviamente, la politica energetica italiana è in questo momento uno dei principali appuntamenti dell’agenda del nuovo governo, non ancora insediatosi a Palazzo Chigi, che certamente raccoglierà in merito l’eredità di Mario Draghi, il quale così si esprimeva dinanzi alla Camera dei Deputati il 25 febbraio scorso:
La maggiore preoccupazione riguarda il settore energetico, che è già stato colpito dai rincari di questi mesi: circa il 45% del gas che importiamo proviene infatti dalla Russia, in aumento dal 27% di dieci anni fa. Le vicende di questi giorni dimostrano l’imprudenza di non aver diversificato maggiormente le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. In Italia, abbiamo ridotto la produzione di gas da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 – a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi … Dobbiamo procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la nostra vulnerabilità e evitare il rischio di crisi future.
Il Governo monitora in modo costante i flussi di gas, in stretto coordinamento con le istituzioni europee. Abbiamo riunito diverse volte il Comitato di emergenza gas, per regolamentare e analizzare i dati operativi e gli scenari possibili …Gli stoccaggi italiani beneficiano dell’aver avuto, a inizio inverno, una situazione migliore rispetto a quello di altri Paesi europei, anche grazie alla qualità delle nostre infrastrutture. Il livello di riempimento aveva raggiunto il 90% alla fine del mese di ottobre, mentre gli altri Paesi europei erano intorno al 75%. Gli stoccaggi sono stati poi utilizzati a pieno ritmo e nel mese di febbraio hanno già raggiunto il livello che hanno generalmente a fine marzo. Questa situazione, che sarebbe stata più grave in assenza di infrastrutture e politiche adeguate, è simile a quella che vivono altri Paesi europei tra cui la Germania. La fine dell’inverno e l’arrivo delle temperature più miti ci permettono di guardare con maggiore fiducia ai prossimi mesi, ma dobbiamo intervenire per migliorare ulteriormente la nostra capacità di stoccaggio per i prossimi anni.
L’Italia è impegnata inoltre a spingere l’Unione Europea nella direzione di meccanismi di stoccaggio comune, che aiutino tutti i Paesi a fronteggiare momenti di riduzione temporanea delle forniture. Ci auguriamo che questa crisi possa accelerare finalmente una risposta positiva sul tema. Il Governo è comunque al lavoro per approntare tutte le misure necessarie per gestire al meglio una possibile crisi energetica.
Ci auguriamo che questi piani non siano necessari, ma non possiamo farci trovare impreparati.
Le misure di emergenza includono una maggiore flessibilità dei consumi di gas, sospensioni nel settore industriale, e regole sui consumi di gas nel settore termoelettrico, dove pure esistono misure di riduzione del carico. Il Governo è al lavoro inoltre per aumentare le forniture alternative. Intendiamo incrementare il gas naturale liquefatto importato da altre rotte, come gli Stati Uniti. Il Presidente americano, Joe Biden, ha offerto la sua disponibilità a sostenere gli alleati con maggiori rifornimenti, e voglio ringraziarlo per questo. Tuttavia, la nostra capacità di utilizzo è limitata dal numero ridotto di rigassificatori in funzione.
Per il futuro, è quanto mai opportuna una riflessione anche su queste infrastrutture. Il Governo intende poi lavorare per incrementare i flussi da gasdotti non a pieno carico – come il TAP dall’Azerbaijan, il TransMed dall’Algeria e dalla Tunisia, il GreenStream dalla Libia. Potrebbe essere necessaria la riapertura delle centrali a carbone, per colmare eventuali mancanze nell’immediato. Il Governo è pronto a intervenire per calmierare ulteriormente il prezzo dell’energia, ove questo fosse necessario. Sì, è necessario. Per il futuro, la crisi ci obbliga a prestare maggiore attenzione ai rischi geopolitici che pesano sulla nostra politica energetica, e a ridurre la vulnerabilità delle nostre forniture.
Voglio ringraziare il Ministro Cingolani per il lavoro che svolge quotidianamente su questo tema così importante per il nostro futuro. Ho parlato del gas, ma la risposta più valida nel lungo periodo sta nel procedere spediti, come stiamo facendo, nella direzione di un maggiore sviluppo delle fonti rinnovabili, anche e soprattutto con una maggiore semplificazione delle procedure per l’installazione degli impianti. A questo proposito vorrei notare che gli ostacoli a una maggiore speditezza su questo percorso non sono tecnici, non sono tecnologici, ma sono solo burocratici. Ma il gas resta essenziale come combustibile di transizione. Dobbiamo rafforzare il corridoio sud, migliorare la nostra capacità di rigassificazione e aumentare la produzione nazionale a scapito delle importazioni. Perché il gas prodotto nel proprio Paese è più gestibile e può essere meno caro. La crisi di portata storica che l’Italia e l’Europa hanno davanti potrebbe essere lunga e difficile da ricomporre, anche perché sta confermando l’esistenza di profonde divergenze sulla visione dell’ordine internazionale mondiale che non sarà facile superare”.