L’occasione di riflessione me l’ha fornita mia figlia ed una sua telefonata che, ricevuta alle 23,45 di un soporifero sabato sera, mi ha destato bruscamente da quello stato di torpore che solitamente accompagna il finale di un film guardato distesi su un confortevole divano, avvolti nel tepore meraviglioso del proprio plaid preferito.
Mamma vieni a prendermi”.
Inutile dire che “l’ira funesta del Pelide Achille” mi ha letteralmente travolta. Purtuttavia, infilati stivali e piumino sul pigiama che costituiva il mio abbigliamento già da qualche ora, sono scesa in cortile, ho acceso l’auto e mi sono diretta verso il luogo in cui mi aveva dato appuntamento.
L’ho riportata a casa. A lei e all’amica, che ho recuperato qualche metro prima del luogo anzidetto.
Avrei gradito un “grazie” e/o delle scuse, perché mi ero certamente resa disponibile a riprenderla, ma soltanto se il fratello non lo fosse stato e, siccome il fratello era uscito in scooter portandosi dietro un secondo casco proprio per rientrare insieme a lei (evitandomi in questo modo di uscire di casa in tarda serata), io mi ero rasserenata e, diciamo così, adagiata sul fatto di non doverla recuperare al termine della sua uscita del sabato sera.
E invece no. Perché suo fratello avrebbe potuto dare un passaggio a lei e non all’amica, e questo non sarebbe stato corretto, a suo parere, visto che erano stati i genitori dell’amica ad accompagnare entrambe ad inizio serata.
Ma, a parte il ringraziamento o le scuse, su cui si basa gran parte del mio – evidentemente mediocre – metodo educativo, ciò che non ho proprio tollerato è stata la risposta di mia figlia ad una esternazione relativa al Rispetto, che lei spesso non avrebbe nei miei confronti. Rispetto che meriterei, oltre che come Genitore, anche e soprattutto come Persona.
Dinanzi a “è il tuo dovere di Madre” non ci ho visto più.
Sembra che a parlare così non sia stata una giovane donna di quasi diciotto anni ma un anziano pasdaran, simbolo di fanatica aggressività e intransigenza, per il quale essere Madre equivale a non avere diritti ma esclusivamente doveri nei confronti dei figli; a non essere Persona, ma schiava ed al servizio di scellerati imperatori, giudici impietosi della esistenza genitoriale; a non doversi mai ribellare agli “ordini” che i figli sono soliti impartire ai genitori e che vanno osservati con ossequioso riguardo senza poterne mai essere esonerati.
E’ qualcosa che non riuscirò mai a comprendere.
Il bambino, soprattutto quando è in fasce e nei primi anni di vita, ha certamente bisogno dei genitori e della Madre, soprattutto. Ne va della sua stessa esistenza. Anche negli anni successivi, la presenza attiva dei genitori resta fondamentale per la sua crescita sana ed indolore.
Poi, nell’adolescenza, inevitabilmente certe funzioni genitoriali che hanno caratterizzato tutta una prima fase di crescita del bambino, vanno abbandonate per lasciar spazio all’autonomia ed indipendenza dello stesso, fondamentali per il suo imparare a vivere nella società civile.
Con ciò non intendo dire che devono sbrigarsela da soli. Ma semplicemente che pretese in merito ad alcune attività ricadenti in passato su Madre e Padre, non dovrebbero più essere vantate. E, ove un genitore si offra di collaborare, al fine di rendere al figlio la vita più agevole e scevra da difficoltà, questi dovrà rendergliene atto e ringraziarlo.
Oggi si parla tanto di bambini che “abusano” dei propri genitori.
Viene chiamata la sindrome del “bambino imperatore”.
Si è scritto, in merito, che ci si riferisce “ad una particolare condizione familiare nella quale il bambino “abusa” dei propri genitori, attraverso differenti forme di controllo quali urla, insulti, umiliazioni ed aggressioni anche fisiche. I dati rispetto a questo fenomeno sono allarmanti ed in costante crescita e rappresentano una condizione che trova le sue radici nell’infanzia e, se non affrontata nella maniera idonea, rischia di degenerare in comportamenti aggressivi nell’età adulta. La società dei consumi e l’assenza di regole e limiti favoriscono lo sviluppo di questa condizione ma tra le cause sembrano esserci anche fattori genetici. Genitori troppo permissivi, disinteressati ai propri figli oppure iperprotettivi favoriscono l’emergere della sindrome del figlio imperatore attraverso il loro atteggiamento caratterizzato dal piegarsi alle richieste dei figli e ad ogni loro capriccio pur di renderli felici e soprattutto evitare qualsiasi forma di conflitto”.
Si tratta di una sindrome che colpisce anche i ragazzi e le ragazze in età adolescenziale ed anche oltre, in quanto l’adolescenza – il periodo di tempo in cui i figli, non più bambini, rimangono dipendenti dalle famiglie (per questioni economiche, ma anche per fattori di semplice convenienza) – si dilata sempre di più, fino a raggiungere la soglia dei 25 anni, 30 anni.
I ragazzi chiedono, pretendono. Vogliono il telefonino di ultima generazione, il computer al plasma e poi bisogna pagare la quota per la piscina, la palestra e/o per la scuola di danza. I genitori, anche quelli meno abbienti, si annullano e fanno enormi sacrifici pur di accontentare le innumerevoli ed esose richieste dei figli; pur di rendersi amabili ed amati, coscienti, forse, del fatto di non essere in grado di riuscire ad esserlo in altro modo. “Viene interiorizzato da parte degli adolescenti il diritto, senza mediazione e senza fatica, di fruire di relazioni fortemente nutrienti, rispecchiamenti idilliaci, riconoscimenti del tipo “tutto e subito” che li esporrà al rischio di mortificazione in quanto le aspettative precedentemente interiorizzate (il “bambino imperatore”) produrranno solamente fragilità emotiva ed affettiva. Basterà, infatti, il dolore percepito in seguito ad un fallimento sportivo, ad un cattivo voto, alla delusione amorosa, a far crollare le illusioni, producendo sintomi, malattia, catastrofe”; dramma in ogni sua singola sfaccettatura.
Ecco, io non voglio credere di aver dato vita a questo tipo di inquietante personalità. Sta di fatto che mia figlia diciassettenne ritiene che una Madre, per il solo fatto di essere tale, non possa e non debba condurre una sua esistenza autonoma ed indipendente, ma debba anzi reprimere ogni suo desiderio, esigenza, passione ed emozione, sacrificandola all’altare di una Maternità che neanche nel Medioevo aveva tali inquietanti caratteristiche.
Sempre pronta, sempre sull’attenti, sempre disponibile al primo cenno. Una Madre deve presentare tali indiscutibili doti di annientamento emotivo in favore dei figli. E se ci si consente un diniego, ecco che si viene tacciate di non essere adeguate al ruolo, perché una Madre è tale solo quando non è Altro.
Ecco, io voglio urlarlo al mondo.
Voglio spogliarmi dal senso di colpa che i figli “imperatori” tentano costantemente di insinuare nei propri genitori.
Sono una Madre. Non sono una schiava.