Un film sul tempo che passa. Un film sull’età che avanza. Un film sulla consapevolezza che è dura da conquistare. E sulla responsabilità che è ancor più dura da assumersi.
È inutile, quando un grande regista (Gabriele Salvatores) incontra un grande attore (Toni Servillo) non può che venir fuori un grande film.
Un film che racconta la sceneggiatura, la regia ed il montaggio di un film.
Un film in un film, praticamente.
Ma raccontato con maestria ed abilità tecnica, soprattutto attraverso il passaggio “indolore” da una scena di vita contemporanea – insolitamente in bianco e nero – ad una scena del romanzo di Arthur Schnitzler – insolitamente a colori – che trova nei due protagonisti (Toni Servillo e Fabrizio Bentivoglio) una perfetta sovrapposizione.
Casanova che torna dopo molti anni in un contesto a lui familiare e si rammarica per le rughe del volto, il cedimento dei tessuti, la debolezza della dentatura. Tenta, comunque, di sedurre la giovane Marcolina che, ormai priva della benda che le ricopriva gli occhi durante l’amplesso, gli rivolgerà uno sguardo che lui interpreterà come di commiserazione dovuta all’età.
“Sei vecchio” … le parole non verranno pronunciate, ma lui fuggirà nudo come un verme e si vergognerà del suo corpo che, pure, non sembra averlo tradito quella notte.
Il duello con il giovane ufficiale è emblema di lotta tra fasi della vita. Sembra qui che Salvatores abbia voluto mettere in risalto tutte le differenze … benché, poi, la capitolazione finale lascia perplessi.
Allo stesso modo, con la stessa caparbia resistenza al tempo che passa, il regista del “film nel film” combatte contemporaneamente con la modernità del suo appartamento da un lato e con la ruralità della sua compagna dall’altro.
In un duello – vinto da Casanova nel film che il regista sta girando e dal giovane collega Lorenzo Marini nella realtà del Festival del Cinema di Venezia – che richiama costantemente la scherma, la spada e le ferite che inevitabilmente caratterizzano la Vita