Sono indignata anche io.
Quello che è accaduto nella notte tra il 6 e il 7 agosto di quest’anno a Palermo lascerebbe basito anche un delinquente della peggior specie.
Lei, diciannove anni, sotto l’effetto di alcool e droga.
Loro sette, di età compresa tra i diciotto e i ventidue anni, che predispongono l’agguato, rendono la vittima più fragile di quanto non lo sia facendola bere, la conducono in un luogo isolato tale da consentire loro di agire indisturbati nella commissione di uno dei delitti più atroci: la violenza sessuale.
Lo chiamano il branco perché, come ha poi avuto modo di esprimersi uno di loro, è come se più cani si accanissero “contro una gatta”. Il gergo tira in ballo gli animali ed in effetti il caso lascia dubbi sulla reale sussistenza di una umanità che negli ultimi tempi stenta a farsi largo tra le giovani generazioni, quella maschile in particolar modo.
Qualche giorno fa riflettevo sul fatto che la violenza sulle donne, l’apice della quale è costituito dal “femminicidio”, cioè l’uccisione di una donna in quanto tale e per mano, quasi sempre, di un membro maschile appartenente o appartenuto alla sua sfera affettivo-sentimentale, è perpetrata soprattutto da uomini maturi che si collocano in una fascia di età tale per cui è stato particolarmente difficile per loro accettare i cambiamenti della società, ed in particolar modo l’emancipazione femminile che l’ha caratterizzata negli ultimi cinquant’anni.
Lo spunto me lo ha dato il caso di Anna Scala, una donna a me vicino per età e provenienza territoriale, uccisa a coltellate dal suo ex compagno probabilmente a causa della mancata accettazione da parte di quest’ultimo della di lei decisione di chiudere definitivamente il rapporto sentimentale che li aveva visti legati per diversi anni.
Mi sono detta, riflettendo sull’accaduto, che gli uomini appartenenti ad una fascia di età variabile tra i cinquanta e i settanta anni sono senz’altro i più incapaci ad accettare l’autodeterminazione delle donne e le loro decisioni in merito alla propria vita affettiva, sentimentale e sessuale. Perché, probabilmente, cresciuti in un’epoca in cui la cultura patriarcale era egemone in ogni campo.
Ho pensato a tanti studenti delle mie classi, adolescenti maschi alle soglie della maggiore età, che quando intavoliamo discussioni in merito alla relazione uomo/donna, alle forme di discriminazione sessuale ancora in essere, alle evoluzioni in tema di normative finalizzate ad attenuarne gli effetti, alle forme di violenza ancora perpetrate ai danni delle ragazze, mostrano tanta apertura mentale ed un grande rispetto verso il sesso femminile, tale da imbarazzarmi, addirittura, talvolta, per le esternazioni volte ad affermarne la totale uguaglianza anche sotto il profilo sessuale.
Poi, casi come quello avvenuto pochi giorni fa a Palermo mi riportano bruscamente alla realtà.
Stupro di gruppo. Sette contro una. Anzi, sette contro mezza, perché la ragazza non era pienamente in sé, in quanto sotto l’effetto di alcool e droga.
Allora non è questione di età degli uomini!? Non è questione di epoca storica in cui essi vivono. La cultura patriarcale che vede la donna oggetto nelle mani di uno o più uomini (uomini???) è ancora assolutamente dominante. Di quella stessa cultura sono impregnati tutti, uomini e donne, che giustificano i gesti e gli atteggiamenti, anche postumi, di questi sette giovani uomini sul presupposto che lei è una “poco di buono”, che “se l’è cercata”, che c’era da aspettarselo quando si va in giro di notte, a bere nei bar, a fumare, a stuzzicare gli uomini per i quali “la carne è carne”.
Sono aborrita, disgustata, indignata. Ho parlato con entrambi i miei figli, maschio e femmina. Ho urlato il mio dolore di madre, di donna, di educatrice. Spero che qualche traccia rimanga. Ciononostante, la reazione scomposta di tanti sui social mi lascia perplessa. E’ come se mi allontanassi dal comune sentire, prendendo le distanze da quella logica vendicativa dell’“occhio per occhio” che non mi appartiene. Non condivido anatemi, scomuniche, antiche leggi del taglione ripescate e rivisitate sotto forma di sanzioni che prendono il nome di “castrazione fisica e/o chimica”. Non mi appartiene tutto ciò. Non significa che in qualche modo giustifico, o sminuisco la gravità dei reati commessi che, ripeto, aborrisco.
Semplicemente non credo che, privando i colpevoli della vita o del pene, si riescano a chiudere crepe così radicate nella nostra società come quelle determinate dalla folle ed ingiustificata cultura patriarcale e maschilista che è purtroppo, sola, a capo di tutti gli innumerevoli delitti contro la donna in quanto persona. Mi viene da sorridere mentre scrivo quest’ultima frase. Sapete quando la violenza sessuale è diventata reato contro la persona? Nel 1996. Pochi spiccioli di anni fa. Prima di allora era considerata reato contro la morale. Che significa? Che chi faceva sesso con una donna senza il suo consenso, usandole violenza appunto, commetteva un reato contro la morale pubblica e il buon costume e non contro l’essere umano “Donna”. La pulsione che lo muoveva a far ciò assumeva la valenza di un diritto, o peggio, di una necessità fisica da assecondare per non rischiare di minare il proprio benessere personale. L’importante era non creare disagio pubblico!!!
Detto ciò, i nomi e le foto di questi sette disgraziati girano sui social, esposti alla pubblica gogna, in attesa che qualche altro scellerato commetta un crimine ancora peggiore di quello che li ha visti coinvolti. Non sento il bisogno di condividere. Probabilmente, con queste mie ultime esternazioni, attirerò le ire dei più, quell’odio che ormai impregna ogni singola parola, ogni gesto, ogni vita di questa nostra epoca alla deriva. Mi daranno della “buonista”, della “ottusa”, della “idealista”, della “garantista”, della “pacifista”. Mi diranno che sono una “di Sinistra”, nel senso più dispregiativo del termine. Non importa. Credo soltanto che nessuna pena al mondo sia più pesante di una coscienza che non riesce a trovare pace. E, sebbene io creda fermamente nella funzione rieducativa della pena – anche nella sua certezza, ed è a questo che anelo principalmente – dubito fortemente che queste sette coscienze – semmai esistano e resistano – riusciranno mai a trovarne.