L’altra mattina mi sono svegliata alle cinque. Un orario assurdo per me. La mia sveglia suona normalmente alle sette e, spesso, anche dopo quell’ora. A me piace dormire. Mi risulta inimmaginabile una vita in cui sacrifico il sonno.
Il Signore mi ha perfino benedetto donandomi due neonati che fin da quando hanno avuto tre mesi di vita hanno dormito serenamente tutta la notte. Dalle ventitré alle sei.
Dicevo … mi sono svegliata alle cinque e per me e’ stato un grande sacrificio.
Avevo una riunione a Roma alle dieci e trenta ed ho preso la Vesuviana per Napoli alle sei e trenta.
Arrivata a Roma, nell’attesa dell’autobus che mi portasse al MIUR (dove si teneva la riunione) mi rivolge la parola una ragazza, avrà avuto circa trenta/trentacinque anni.
Mi intrattengo con lei una decina di minuti, nell’attesa del bus che entrambe dobbiamo prendere per recarci nella stessa zona della Capitale.
Durante il tragitto lei mi racconta di essere una insegnante di sostegno (laureata in giurisprudenza e pronta a conseguire una seconda laurea in scienze dell’educazione primaria) e che ogni giorno viaggia da Quarto, dove abita, fino a Roma, dove lavora. Sei giorni su sette.
E fin qui … nulla questio.
Di pendolari per motivi di lavoro ne ho conosciuti diversi nella mia vita. Ed io stessa lo sono stata per molti anni, quando lavoravo a Napoli e da Sorrento mi spostavo quotidianamente in treno o in aliscafo.
Ciò che invece mi ha sconvolto è che lei, per raggiungere la sede di lavoro, si sveglia ogni giorno alle tre e mezza o alle quattro e mezza, a seconda dell’orario di ingresso a scuola; rientra a casa alle sedici circa, svolge qualche faccenda domestica, cena intorno alle diciannove e alle venti circa va a dormire. La sua giornata, mi ha riferito, si conclude con il bacio della buonanotte a suo marito che, facendo il fotografo, lavora prevalentemente di sera in occasione di feste ed eventi.
La sua mi ha ricordato “l’avventura di due sposi”, un racconto di Italo Calvino che ho letto qualche settimana fa nell’ambito della raccolta intitolata “Amori Difficili”, in cui si narra di una giovane coppia di sposi che vive proprio in questo modo, con il marito che lavora di notte e la moglie di giorno e i due che si incrociano soltanto la mattina e la sera per un breve e dolce saluto che li rasserena prima di andare al lavoro o, viceversa, a dormire.
Elena – cosi’ si chiama questa ragazza che ho incontrato a Roma – mi ha detto, peraltro, di essere felice di questa sua nuova vita movimentata giacché, fino a qualche anno fa, prima del trapianto di midollo a cui si è sottoposta per ovviare ad una grave patologia, ne viveva una alquanto piatta e statica.
Ha detto proprio così … ed io non potevo crederci, perché non accetterei mai di lavorare mettendo a repentaglio i miei rassicuranti ritmi sonno/veglia oppure, probabilmente, lo farei ma soltanto ove il corrispettivo in denaro fosse cospicuo e soddisfacente e, come e’ noto, quello di un docente non lo è!
Comunque, non ci sta niente da fare, c’è sempre chi sta peggio.
Non ci lamentiamo mai di ciò che abbiamo … tante volte e’ molto, molto di più di ciò che hanno gli altri!