Questo e’ stato un anno scolastico impegnativo.

Ho frequentato tutte le classi dell’Istituto Tecnico Nautico che mi sono state assegnate dalla Dirigente. Terze, quarte e quinte.

Ho frequentato, inoltre, il terzo anno di un liceo scientifico e il quinto anno di un liceo linguistico. Questi ultimi due da genitore.

Ho sentito tutto il peso del docente che, nel corso dell’anno, spiega, approfondisce, ricerca materiali idonei per le sue lezioni, li analizza e li condivide con i suoi studenti; individua attività idonee alla loro formazione, crescita, educazione; sperimenta percorsi di apprendimento e nuove metodologie didattiche; prepara verifiche, le somministra e vigila con attenzione a che siano svolte con serietà, le corregge velocemente e provvede alla registrazione in tempo reale delle valutazioni, le esamina insieme a loro per far comprendere eventuali errori; compila schede, file, tabelle, registri, moduli in diverse piattaforme on line.

Nel contempo, frequenta corsi di formazione, accompagna gli studenti a manifestazioni culturali non senza averli preparati adeguatamente alla visione di un film e/o di uno spettacolo teatrale; condivide con loro l’ebbrezza e l’entusiasmo di un viaggio d’istruzione all’estero o anche in Italia, assumendosi l’immensa responsabilità che il ruolo richiede; segue chi di loro partecipa a un concorso, motivandolo, spronandolo, ricordandogli costantemente termini del bando e date di scadenza; contatta le famiglie quando occorre, rendendosi disponibile costantemente a colloqui ed incontri che consentano quel necessario, proficuo, indispensabile rapporto Scuola-Famiglia su cui dovrebbe reggersi l’intero percorso formativo ed educativo di ogni studente.

Tutto questo da docente.

Da genitore posso affermare di aver portato avanti il rapporto anzidetto altrettanto costantemente. Ho condiviso con i miei Figli i loro due percorsi di studio, diversi eppure costellati dalle medesime ansie, paure, inciampi, preoccupazioni.

Il terzo anno del liceo scientifico mi e’ parso molto complicato ed e’ stato estremamente impegnativo seguire mio Figlio per la superficialità e l’immaturità che ha dimostrato durante tutto l’anno. Sono stata a colloquio dai suoi docenti praticamente una volta al mese. Il più delle volte tornavo a casa demoralizzata e mortificata.

E’ intelligente ma non si applica” e’ la tipica frase che i docenti utilizzano per descrivere un soggetto vivace intellettivamente ma assolutamente sconsiderato, immaturo, irresponsabile, indisciplinato.

Per temperare tutto questo mi sono spesso resa disponibile ad “accompagnarlo” nello studio, almeno delle discipline umanistiche, che’ quelle scientifiche più di un supporto morale non avrei potuto dare. Ma il più delle volte lo “sconsiderato” mi ha snobbato, preferendo il nulla assoluto alla madre professoressa.

E’ stato duro per me ingoiare perfino il rospo di valutazioni appena sufficienti, dinanzi alle quali lui invece gioiva come se avesse scalato l’Everest e fosse li’ in cima a bearsi dell’impresa.

Ho tentato con punizioni e simili a spronarlo e/o a motivarlo ma la mia debolezza, dinanzi alle briciole di studio che barattava con me, ha fatto si che esse non abbiano mai sortito un grande effetto.

Ho chiesto l’aiuto, la disponibilità, la collaborazione a colleghi che avrebbero potuto dargli una mano nelle discipline che non mi sono familiari, come la Fisica e la Matematica, ma, ahimè, anche questo si e’ rivelato vano.

Lo vedo studiare intensamente da qualche settimana, come gli ultimi tra gli ultimi dei miei studenti, quelli che stanno tentando il tutto per tutto pur di non perdere l’anno o di salvare il salvabile.

Sono delusa, affranta, amareggiata.

L’ultimo anno del liceo linguistico, a dire il vero, non mi e’ parso meno impegnativo. Perché se e’ vero, come e’ vero, che mia Figlia mi ha dato certamente meno pensieri per quel che riguarda l’andamento didattico – che reputo eccellente – e’ altrettanto vero che il suo umore e’ stato altalenante, ma talmente altalenante che al termine di questo anno scolastico mi sento girare la testa come se fossi appena rientrata da un lungo ed estenuante viaggio sulle montagne russe.

Confusa, indecisa, affranta, insicura, mai soddisfatta neanche dinanzi ad evidenti successi scolastici, ho dovuto lavorare come genitore che c’è pur restando ai margini della sua vita. La porta sempre chiusa della sua camera ha rappresentato il muro che lei ha eretto tra me e suo fratello, al quale la lega un odio/amore piu’ o meno consistente nel classico rapporto tra fratelli e sorelle.

Mi ha chiesto aiuto talvolta, ma raramente … per ripetere qualche autore di letteratura italiana o per la stesura del “capolavoro”.

Mi ha trovato sempre pronta e disponibile ma una mia parola in più rispetto a quanto richiesto e, che dire, sono stata immediatamente e severamente “licenziata” . Devo stare molto attenta con lei, un piccolissimo errore, di valutazione o di linguaggio, e la sua indole censoria viene prepotentemente fuori al fine di riprendermi, redarguirmi, addirittura “scomunicarmi”.

Nonostante ciò, le sono stata sempre accanto, per consigliarla nella scelta di una facoltà universitaria a cui iscriversi, per spronarla, rassicurarla circa le sue indubbie capacità intellettive ed umane, per supportarla nei momenti di insicurezza, inconsapevolezza, fragilità e confusione.

Forse ce l’abbiamo fatta perché oggi appare leggermente un po’ piu’ decisa sul percorso che dovrà affrontare nella direzione verso il Futuro.

Io sono stremata.

Ho bisogno di aria come un condannato che e’ stato rinchiuso nel braccio della morte per anni.

Eppure sono passati solo dieci mesi.

Dieci lunghissimi mesi durante i quali ho convissuto intensamente con i miei studenti e con i miei Figli. Praticamente, con tutte le fasi dell’Adolescenza. Dentro e fuori le aule della mia scuola. Ventiquattro ore su ventiquattro. Con l’Adolescenza e, naturalmente, con tutto ciò che essa comporta: il disagio, le intemperanze, i pericoli, la morte, l’insicurezza, il delirio di onnipotenza, la ricerca di indipendenza, lo spirito di competizione, la tristezza, i primi amori, la scoperta della sessualità , la sfida delle regole, la trasgressione, la non accettazione di se’, l’identificazione con il gruppo dei pari, la contestazione.

Potevo mai uscirne vincitrice?

Direi di no.

Le energie profuse sono state tante e tali che giaccio qui, nel mese di Giugno, completamente sopraffatta e disintegrata da una lotta impari e disumana, perché condotta da me e soltanto da me, con le sole armi a mia disposizione che sono principi e valori ormai obsoleti e competenze culturali microscopiche dinanzi alla ormai cosmica dimensione del Sapere.

La speranza (o sogno, che dir si voglia, per quanto utopistica essa oggi mi appaia) e’ che qualcuno dei tanti semi da me gettati durante questi mesi difficili, per giunta sugli aridi ed infecondi terreni giovanili, germogli e che la piantina gracile e timida che fa capolino da quei medesimi terreni cresca, seppur in balia delle intemperie a cui la vita impietosamente la sottoporrà, con la caparbia convinzione che si può morire per un violento temporale ma che si può vivere anche soltanto per la luce e il calore di un semplice raggio di sole!