L’ho bevuto come un bicchiere di limoncello. Tutto d’un sorso.
Il libro di Viola Ardone “Oliva Denaro”.
Mi ha ricordato la storia di Franca Viola, a cui l’autrice si è certamente ispirata.
Mi ha ricordato i miei nonni siciliani e quella mentalità un po’ arcaica secondo la quale non sta bene per una Donna fare o dire certe cose.
Mi ha ricordato la mia adolescenza e il rapporto complicato con mia madre, infarcita di quella stessa mentalità.
Sono bastate ventiquattro ore di queste immagini romanzate per immergermi in un contesto storico che ho conosciuto tramite i libri di scuola ma che, in un certo qual modo e per certi versi, ho trovato familiare.
Anche le donne della mia famiglia materna sono state ricamatrici nella Sicilia del secolo scorso e sia mia nonna che la mia bisnonna mi raccontavano le storie di Giufa’, personaggio della tradizione orale popolare siciliana. Ridevo sempre tanto quando ascoltavo storie e aneddoti che si riferivano alla terra d’origine di mia madre ma, al contempo, mi ribellavo ad una mentalità infarcita di stereotipi e pregiudizi.
Sono stata per questo la “pecora nera” della famiglia, la spina nel fianco di mia madre che ha sempre pensato che la donna dovesse incarnare le doti di subordinazione, obbedienza, cura servile e sottoposizione al contesto familiare.
Oliva, per tornare al libro della Ardone, si rifiuta di contrarre il c.d. “matrimonio riparatore” che, all’epoca – il romanzo è’ ambientato negli anni Sessanta – consentiva a chi avesse commesso reati come, ad esempio, il rapimento a scopo di violenza sessuale (definito romanticamente “fuitina”) di estinguere la pena sposando la propria vittima.
Ed e’ la prima a farlo.
Noncurante del fatto che quel rifiuto le sarebbe costato caro perché sarebbe stata “svergognata” per tutta la vita, compromettendone il decorso e l’esito, almeno dal punto di vista della realizzazione familiare.
La vicenda mi era nota.
Nelle mie classi, dove ogni anno dedico diverse lezioni alla disuguaglianza di genere – ancora molto radicata, soprattutto in certi territori del Sud Italia – il riferimento a Franca Viola e’ costante. Come e’ costante il riferimento alla copiosa normativa che in mezzo secolo ha inciso sul percorso di emancipazione femminile, tra cui va annoverata la legge con la quale nel 1981 e’ stato abolito il delitto d’onore (art. 587 del Codice Penale); quel delitto, cioè, perpetrato al fine di salvaguardare l’onore della famiglia (ad esempio uccidendo il coniuge adultero, l’amante di questo o entrambi) che era sanzionata con pene attenuate rispetto all’analogo delitto di diverso movente, poiché si riconosceva che l’offesa all’onore arrecata da una condotta “disonorevole” equivaleva a gravissima provocazione, e la riparazione dell’onore non causava riprovazione sociale.
Quindi, soltanto dopo l’abrogazione del reato di adulterio nel 1968, dopo l’introduzione del divorzio nel 1970 (legge n. 898), dopo la riforma del diritto di famiglia nel 1975 (legge n. 151), dopo l’introduzione dell’aborto nel 1978 (legge n. 194), le disposizioni sul delitto d’onore sono state abrogate il 5 agosto 1981 (legge n. 442).
Dunque nel 1981.
Poco più di quarant’anni fa. Vergognoso e, per certi versi, inverosimile per un Paese che qualche anno dopo (precisamente nel 1987) superava il PIL del Regno Unito, divenendo la sesta nazione più ricca del mondo, dopo USA, URSS, Giappone, Germania Ovest e Francia.
Purtroppo ancora oggi la tanto agognata parità tra uomo e donna non può dirsi raggiunta, benché qualche “omarello” spaventato dallo sgretolarsi di fantomatici quanto persistenti “diritti acquisiti” si ostini ad affermare che siano ormai le donne a comandare il mondo. Forse lo sono, per certi versi. Ma saremmo soltanto degli illusi – uomini e donne – se pensassimo che secoli di prevaricazione e di soprusi vengano spazzati via da qualche decennio di marcia verso l’emancipazione femminile. Prova ne sono il senso di possesso e l’ira che caratterizzano ancora oggi le violenze sulle donne ed i femminicidi perpetrati da mariti, fidanzati e compagni dinanzi ad un rifiuto che non riescono ad accettare.
Il libro dell’Ardone andrebbe letto in tutte le scuole italiane. Come testo di educazione civica.
Quando ero ragazza io, tra le ore di Italiano c’era quella di “narrativa”. E leggevamo uno o più’ testi che l’insegnante riteneva potessero apportare ricchezza emotiva oltre che culturale.
Ecco, io inserirei tra questi testi anche “Oliva Denaro” di Viola Ardone perché è importante ancora oggi che tutti sappiano cos’è l’Onore, inteso come valore morale, come merito di una persona non considerato in sé, ma in quanto conferente alla persona stessa il diritto alla stima e al rispetto altrui (il concetto di “onore” ha ispirato codici di comportamento come il “Bushido” giapponese, il codice d’onore dei samurai), e che sappiano anche che “l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce”