Facciamo un po’ di chiarezza sul regime concessorio del demanio marittimo, anche alla luce delle recenti diatribe tra gestori di stabilimenti balneari e fruitori degli stessi; diatribe che quest’estate, alla luce delle misure sanitarie adottate a causa della emergenza Coronavirus, stanno toccando picchi rilevantissimi. Dunque: il demanio marittimo è costituito dal lido del mare, la spiaggia, i porti, le rade, le lagune, le foci dei fiumi, i bacini d’acqua salmastra, i canali e le pertinenze demaniali marittime. La sua gestione spetta alle Regioni, ovvero ai Comuni, nei casi in cui le stesse abbiano conferito a questi ultimi le relative funzioni. Regioni e Comuni possono concedere l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, dei predetti beni demaniali per un determinato periodo di tempo, attraverso il rilascio di apposito provvedimento concessorio ed a fronte del pagamento di un determinato (spesso irrisorio) canone.
Il rilascio di dette concessioni è attualmente disciplinato dagli artt. 36 e segg. del Codice della Navigazione. E’ previsto anzitutto che, tra più richiedenti la concessione, vada preferito chi offre maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e per un uso che risponde ad un più rilevante interesse pubblico. La richiesta può riguardare l’esercizio di una o più delle seguenti attività: gestione stabilimenti balneari, ristorazione e somministrazione di bevande, gestione strutture ricettive ed attività ricreative e sportive, etc. La domanda deve essere presentata per un periodo minimo di sei anni e non può essere automaticamente rinnovata (art. 11 L. 217/2011). Ciò in considerazione di una sanzione che è stata comminata all’Italia dalla Corte di Giustizia Europea per non essersi adeguata alla Direttiva c.d. Bolkestein (n. 123/2006/CE) che, in quanto atto della Commissione Europea che vincola gli Stati membri per quanto concerne le finalità ma non i metodi di attuazione, era volta a favorire la libera circolazione dei servizi nell’ottica di una competizione corretta, trasparente e transnazionale. Prima che venisse emanata la disciplina comunitaria summenzionata (L. 217/2011), vigeva infatti una regolamentazione nazionale particolarmente favorevole nei confronti dei soggetti già titolari delle concessioni, che si vedevano rinnovare il rapporto alla scadenza a discapito di coloro che proponevano per la prima volta una nuova istanza. L’art. 11 della predetta legge 217/2011 stabilisce che il Governo è delegato ad adottare, entro quindici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime secondo principi e criteri direttivi, fra i quali: stabilire limiti minimi e massimi di durata delle concessioni;prevedere criteri e modalità di affidamento nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell’esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti; disciplinare le ipotesi di costituzione del titolo di uso o di utilizzo delle aree del demanio marittimo; prevedere criteri per l’equo indennizzo del concessionario nei casi di revoca della concessione e stabilire criteri per l’eventuale dichiarazione di decadenza delle concessioni.
Il Governo ha però in parte disatteso le indicazioni fornitegli dalla legge anzidetta, introducendo, con una serie di provvedimenti ad hoc, un sistema normativo transitorio favorevole ai concessionari uscenti, che si sono visti prorogare le concessioni in essere al 30 dicembre 2009, prima sino al 31 dicembre 2015 e poi sino al 31 dicembre 2020. Da ultimo, con il recente c.d. “decreto rilancio” (D.L n. 24/2020, poi convertito in L. n. 77/2020) – il pacchetto di sostegni economici varato dal Governo per compensare le difficoltà affrontate durante la chiusura imposta per il contenimento del Coronavirus – si sono destinati circa quattro miliardi su cinquantacinque complessivi al settore turistico e si sono adottate anche, specificamente, una serie di misure che riguardano gli stabilimenti balneari. In particolare, si è confermata l’estensione delle concessioni demaniali marittime fino al 31 dicembre 2033; estensione già disposta dalla L. 145/2018 ma non applicata da molti Comuni costieri in assenza di una circolare applicativa. Gli uffici demaniali avrebbero, quindi, già dovuto protocollare la nuova scadenza sui titoli concessori, in quanto è prevista da una legge nazionale in vigore da un anno e mezzo e tuttora valida, ed ora che, con il “decreto rilancio”, l’estensione delle concessioni è stata ribadita, gli enti inadempienti hanno ancora meno scuse per adeguarsi alla normativa. Tuttavia, la mancanza di istruzioni formali e vincolanti resta un grave difetto di questo come di tanti altri provvedimenti normativi, e dunque non risolve del tutto il problema su cui il Governo intendeva intervenire ma appare, anzi, come l’ennesimo, maldestro, tentativo dello Stato italiano di svincolarsi dagli obblighi imposti dalla Unione Europea.