Il Mare è stato il mio ristoro. Guardarlo, respirare quel profumo sapido di iodio, ammirarne le increspature, la calma piatta, il moto ondoso perennemente insistente sul lido, quell’infrangersi fragoroso tra le rocce della costa, gli schizzi di schiuma bianca che si librano nel cielo come scintille luminose di fuochi di artificio, ha calmato spesso le mie ansie, quel bisogno di certezza che mi ha sempre accompagnato, le insicurezze dovute ai fallimenti, agli inciampi della vita, ai cambiamenti.
Qualunque sia il suo stato, qualunque il tipo di costa che lambisce e le modalità in cui lo fa, qualunque la sfumatura di colore che assume, io respiro e traggo da quelle profonde inalazioni forza, coraggio, energia, ispirazione. Se sono triste mi sento accarezzata, confortata, coccolata; se provo gioia e appagamento ogni sensazione che mi pervade è una conferma del mio stato di beatitudine; se sento dei vuoti, delle mancanze, delle voragini come scarpate profonde in cui è si è inabissata la mia anima allora, guardare il mare, soffermarmi sui suoi infiniti movimenti, è per me fonte di appagamento, di ristoro amichevole, di unguento benefico lenitivo del dolore e della sofferenza.
Le stagioni della Vita si susseguono … lui resta lì, uguale e diverso, come poi siamo tutti, in quei tantissimi, impercettibili movimenti che lo rendono vivo, vitale, vivace e talvolta violento, anche.
Tutte caratteristiche che ne escludono l’immobile, statica, tetra immagine della morte.
E solo per questo io lo amo.