Non è un tema banale.
Non è un argomento da archiviare in due righe.
Non è una bandiera che si presta facilmente ad essere sventolata … men che meno da chi intende attribuirle una colorazione politica.
È un dato di fatto. Ed in quanto tale comincio con lo “snocciolare” dati (dall’ultimo report diffuso dalla Polizia di Stato “Questo non e’ amore” con i dati aggiornati al 2019):
– 88 vittime in un giorno (una ogni quindici minuti);
– nell’82% dei casi chi pratica la violenza ha le “chiavi di casa”;
– nel 60% dei casi maltrattamenti, stalking, violenze sessuali e percosse sono commessi dall’ex partner;
– nell’80,2% dei casi le vittime sono italiane;
– nel 74% dei casi i colpevoli sono italiani;
– nel 18% dei casi il colpevole si toglie la vita;
– nel periodo gennaio 2016-agosto 2019, le vittime di sesso femminile sono aumentate, passando dal 68% del 2016 al 71% del 2019 (questo avvalora la tesi che per alcuni reati come i maltrattamenti, le percosse o la violenza sessuale il “genere” assuma un ruolo preponderante);
– il fenomeno appare trasversale in quanto l’incidenza della violenza denunciata dalle vittime alle Forze dell’Ordine mostra gli stessi valori in Piemonte come in Sicilia ed inoltre le vittime e gli aggressori appartengono a tutte le classi sociali e culturali e a tutti i ceti economici.
– nel report si legge “Alla base dei femminicidi ci sono, nella maggior parte dei casi, motivi legati a un’idea malata di possesso, mancanza di accettazione di una separazione, gelosia incontrollabile anche successivamente al divorzio, non accettazione di una nuova storia d’amore dell’ex partner”.
Ma passiamo all’anno in corso. Il 2020 e l’aumento dei casi di violenza tra le mura domestiche per effetto della emergenza sanitaria. Questa volta i dati sono estratti da un comunicato stampa dell’ISTAT e sono disarmanti:
– durante il lockdown sono state 5.031 le telefonate valide al numero verde 1522 (ben il 73% in più sullo stesso periodo del 2019);
– le vittime che hanno chiesto aiuto sono 2.013 (+59%);
– nel 93,4% dei casi la violenza si consuma tra le mura domestiche;
– nel 64,1% si riportano anche casi di “violenza assistita” da parte dei minori.
Come si vede l’argomento non è nè banale nè inutile da trattare perché, anzi, i dati suindicati mostrano la dimensione elefantiaca di un disagio maschile al quale, purtroppo, la società non riesce a porre rimedio perché necessiterebbe di una massiccia attività psicologica e culturale diretta allo smantellamento di secolari stereotipi di genere che difficilmente si riescono a scardinare.
Il 25 Novembre però è occasione per parlarne, per sensibilizzare l’opinione pubblica, per dare “picconate” al sistema. È la giornata dedicata alla violenza sulle donne (e tacciano gli “ominicchi” che lamentano di non averne una appositamente dedicata … mostrano soltanto pochezza di argomenti e mancanza di consapevolezza dinanzi ad un fenomeno grave ed allarmante come quello de quo!!) che, istituita dall’ONU nel 1999, nasce in ricordo delle tre sorelle Mirabal, assassinate il 25 novembre del 1960 nella Repubblica Dominicana mentre si recavano a trovare i loro mariti, prigionieri politici durante la dittatura di Rafael Leónidas Trujillo.
È la giornata in cui – per chi non ce l’abbia quella consapevolezza di cui sopra – vanno analizzati i dati e proposte soluzioni perché quei dati – pur così allarmanti – sono soltanto la punta dell’iceberg tenuto conto della scarsa propensione delle donne a denunciare le violenze subite.
In un percorso di emancipazione – ma io sarei propensa ad utilizzare il termine “evoluzione” – il problema (ai fini della sua risoluzione) va analizzato da tutti, Uomini e Donne, perché soltanto un progetto condiviso sarà potenzialmente in grado di ridurre il fenomeno della violenza di genere e la atavica erronea convinzione che un qualsiasi “deragliamento” della donna dai binari stereotipati della sua esistenza possa in qualche modo ed inopinatamente giustificarla.