La storia di Frida è nota. Ormai lei è una icona. I suoi quadri sono esposti nei più grandi musei del mondo e la sua fama è andata ben oltre l’immaginabile. A guardarla così, con quella particolare acconciatura dei capelli, sempre adorna di fiori e nastri colorati, e con quelle gonne ampie, lunghe, folkloristiche, nessuno penserebbe ad una persona malata, sofferente, la cui vita è stata costellata da dolori più o meno intensi ed in ogni sfera dell’esistenza. La poliomielite dalla nascita, l’incidente in autobus da ragazza, con il corrimano del mezzo che la trafisse e le attraversò il corpo provocandole ferite permanenti alle ossa e agli organi interni, i numerosi tradimenti subiti dal suo amato marito Diego Rivera, i molteplici aborti spontanei che le impedirono di coronare il suo sogno di maternità, i busti e gli orpelli in gesso e in cuoio che dovette portare per tutta la vita per lenire i forti dolori alla schiena di cui soffrirà tutta la vita, l’amputazione delle dita del piede e l’incedere claudicante che pur tentava di mistificare con la sensualità delle movenze. Una donna resiliente. Una che di “rinascite” se ne intendeva. Una che nelle sofferenze ha scorto delle opportunità … che dal dolore ha tratto ispirazione per i suoi quadri, unici nel loro genere, crudi e crudeli a tratti, ma meravigliosamente affascinanti per i soggetti ed i colori che li caratterizzano. Credo che nessun altro abbia dipinto feti, donne in abiti maschili con forbici tra le mani, organi interni minuziosamente dettagliati, schizzi e rivoli di sangue, busti e dispositivi medici, chiodi che devastano visi. Tutto nei suoi quadri è drammatico e sembra ricordare la Sofferenza e la Morte … eppure lei è da sempre l’emblema della Vita. Tanto che è suo il famoso brocardo “Viva la Vida!”. Di Frida sono una estimatrice e del resto il blog lo dimostra. Ieri ho terminato la lettura di un libro che ho avuto in dono qualche mese fa e che era sul comodino in attesa del suo “turno”. Si intitola “La passione di Frida” e l’autrice, Caroline Bernard, ne fornisce un’ottima descrizione. Ho ripercorso ancora una volta la sua vita ed ancora una volta – dopo aver letto altri testi su di lei e guardato il film ben interpretato da Salma Hayek – ho ammirato la forza d’animo ed i mille volti di una donna che ha saputo rappresentare, al contempo, la tradizione e la rivoluzione, la sensualità e la tenerezza, la forza e la fragilità, la magia e la realtà. Il tutto con una dolcezza indescrivibile.

La foto utilizzata come immagine dell’articolo è un disegno di Ivana Volpe, una giovane studentessa di architettura, figlia di una cara amica che, conoscendo la mia passione per la pittrice messicana, me l’ha destinato come biglietto d’auguri.