L’art. 11 della Costituzione italiana recita “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo
Il termine “ripudio” contenuto nel primo comma della norma in esame è un rafforzativo del generico “rifiuta”. L’Italia, infatti, nelle intenzioni dei Padri Costituenti, non rifiuta semplicemente la guerra, ma la “rifiuta e condanna” al tempo stesso. Naturalmente, soltanto nell’ipotesi in cui la guerra rappresenti uno strumento di offesa alla libertà degli altri popoli; in quanto, nella circostanza opposta, e cioè quando la stessa fosse indispensabile al fine di difendersi da attacchi da parte di potenze straniere, il nostro contingente militare sarebbe pronto ad intervenire.
Il nostro ordinamento ripudia, poi, la guerra anche come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, in quanto in casi del genere verrebbero attivati tutti gli strumenti diplomatici idonei a porre in essere azioni basate sul dialogo e la solidarietà reciproca.
La norma de qua dispone, infine, che – in condizioni di reciprocità con gli altri Stati, e cioè soltanto se il medesimo comportamento viene assunto dai Paesi che ce lo richiedono – l’Italia è disposta a limitare la propria sovranità (intesa come potere di emanare norme e di sanzionare chi quelle norme non le osserva) al fine di favorire la pace e la giustizia tra le nazioni. Si tratta di una sorta di “apertura” che i Padri Costituenti intesero inserire nella Carta repubblicana del 1948 nei confronti della all’epoca neonata Organizzazione delle Nazioni Unite, a cui l’Italia aderì nel 1955. Così, allo stesso modo, questa “apertura” dell’Italia verso forme di limitazioni di sovranità preordinate alla pace ed alla sicurezza internazionale costituì il lasciapassare italiano per la partecipazione del nostro Stato, come socio fondatore, alle comunità europee che vennero istituite nei primi anni Cinquanta del secolo scorso.
L’Italia da allora ha fatto parte attivamente di organismi sovranazionali ai quali ha ceduto parte della propria sovranità ed ha, quindi, aderito a forme di collaborazione tra Stati intese a promuovere, oltre che pace e giustizia tra i popoli, come letteralmente indicato dalla norma analizzata, anche regole comuni per la disciplina omogenea di materie di interesse generale. Uno degli strumenti a tal fine utilizzato è costituito dalle convenzioni internazionali (anche detti trattati), che sono accordi tra gli Stati disciplinati dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969. A tal proposito, meritano menzione due procedimenti adottati dagli Stati per la stipula di un trattato internazionale: uno che necessita di particolari formalità e viene detto, pertanto, “solenne” ed un altro, invece, “in forma semplificata”.
1. Quanto al primo, le fasi per la stipula sono essenzialmente queste di seguito indicate:
NEGOZIATI: vengono condotti dai c.d. plenipotenziari (rappresentanti diplomatici, Capi di Stato e di Governo, Ministri degli Esteri muniti di “pieni poteri”) con l’obiettivo di raggiungere una volontà comune per arrivare alla stesura del testo della Convenzione.
FIRMA: con essa gli Stati autenticano il testo ma non si impegnano a rispettarlo. Semplicemente accettano di non apportarvi modifiche.
RATIFICA: lo Stato si impegna ad osservare le norme del testo con una propria dichiarazione di volontà. Ogni Stato ratifica in base alla propria normativa interna. In Italia la predetta dichiarazione di volontà consiste in un provvedimento del Presidente della Repubblica (art. 87 C.) ma va coinvolto il Parlamento in tutte le ipotesi menzionate dall’art. 80 della Costituzione (quando si tratta, cioè, di trattati di natura politica, regole giudiziarie, trattati che prevedono modifiche territoriali, che comportano oneri finanziari per lo Stato o che implicano modifiche della legislazione interna).
SCAMBIO O DEPOSITO DELLE RATIFICHE: questa fase costituisce il perfezionamento dell’accordo.
PUBBLICAZIONE: il testo ratificato da ciascuno Stato viene depositato presso la Segreteria Generale dell’ONU
2. Il procedimento in forma semplificata, diretto a produrre accordi più semplici e snelli, si esaurisce invece con la firma che, oltre ad autenticare il testo, comporta anche l’entrata in vigore del trattato.