È capitato spesso che l’arroganza, la prepotenza, l’aggressione, anche verbale, fossero percepite come forza di carattere, determinazione e carisma. Ho assistito a scene disgustose che, tuttavia, venivano plaudite da diverse persone per la loro potenza mediatica e comunicativa. Io ho sempre praticato la Gentilezza. Mi sono a volte allontanata da persone che mi hanno ferita senza pur tuttavia sfogare le mie delusioni in gesti di livore, di rabbia, di vendetta. Piuttosto, ho preferito l’indifferenza … mai ho sentito il bisogno di vomitare la frustrazione che mi portavo dentro verso chi me l’aveva ingiustamente procurata o, addirittura, verso gli altri. Eppure, questo mio modo di essere è stato da taluno ritenuto un evidente segno di debolezza e, per quanto io sia piuttosto anestetizzata rispetto alle opinioni altrui che poggiano su stereotipi ingombranti ma stupidi, non nascondo che la cosa ha fatto sorgere in me la necessità di rifletterci su al fine di sgombrare il campo da quei dubbi che pur mi sono sorti. Mi sono chiesta: se una persona è preparata, integra moralmente ed intellettivamente; se è capace del proprio lavoro ed ha abilità e competenze superiori alla norma; se è convinta di ciò in cui crede e sicura di ciò che è … perché dovrebbe aver bisogno della forza per affermarlo? Spesso assistiamo ad interventi piuttosto aggressivi dal punto di vista verbale. I social hanno amplificato questo atteggiamento alla luce del fatto che scrivere su una piattaforma servendosi di una tastiera e di un monitor che schermano come uno scudo i fendenti che si lanciano, rende pavidi finanche i pusillanimi, quelli che in gergo sono sati rinominati “leoni da tastiera”. Ma l’aggressività come dimostrazione della propria leadership è praticata anche da molti personaggi politici, non soltanto nostri connazionali. Mi viene in mente Giorgia Meloni, esponente di spicco di “Fratelli d’Italia”, partito di estrema destra della nostra compagine politica. Non ho ricordi di un suo intervento, in ambito istituzionale ma anche al di fuori (per esempio quando è stata ospite di talk show o trasmissioni radiofoniche e/o televisive) in cui il tono della voce non abbia toccato l’apice degli acuti, con urla e strali che le sono valsi l’appellativo di “pescivendola” in senso dispregiativo e senza tirare incautamente in ballo le oneste e dignitose lavoratrici del settore. Anche altri esponenti politici – stranamente quasi tutti di destra (pensiamo a Matteo Salvini ma anche a Donald Trump) – hanno l’abitudine di “urlare” nei loro discorsi, quasi come se la prevaricazione della voce – indipendentemente dal numero di presenti in sala ed anche nel più totale silenzio – possa conferire loro forza, carisma, determinazione, potenza e virilità. In realtà, chi sa di “essere” non ha bisogno di dimostrare nulla, tantomeno attraverso un linguaggio verbale e paraverbale che possa comunicare aggressività e prevaricazione sugli altri. Il vero leader sarà la persona più umile e modesta di questo mondo. Sarà colui il quale con pacatezza, moderazione, equilibrio, competenza e maturità saprà esporre le proprie idee, sempre ed in ogni contesto, con determinazione e coerenza, facendo proprie – casomai ambisse ad un riconoscimento dal punto di vista delle sue capacità oratorie – le indicazioni fornite da Cicerone relativamente alla inventio (la scelta dell’argomento), alla dispositio (l’ordine da attribuire agli argomenti nell’ambito del discorso), alla elocutio (l’arricchimento linguistico), alla memoria (il possesso mnemonico degli argomenti) e all’actio (cioè le modalità di esposizione degli argomenti stessi). Il mondo sarà di costoro!