Mia figlia ha 15 anni.
Mia figlia ha un profilo Istagram.
Mia figlia usa TikTok.
Mia figlia si diverte.

È di qualche giorno fa la notizia di una bambina di dieci anni che a Palermo è morta per mancanza prolungata di ossigeno al cervello. La bambina si sarebbe stretta al collo la cintura di un accappatoio attaccata al portasciugamani, fino a procurarsi la morte per asfissia, probabilmente per sostenere una sfida lanciata dal social su cui essa trascorreva molto del suo tempo, TikTok appunto.
Questo è ciò che pensano i genitori, disperati, i quali hanno dato l’assenso per l’espianto degli organi in favore di quattro bambini con gravi patologie.
La Procura indaga.
Ma ovviamente ad oggi non c’è alcuna certezza sulle cause di un gesto all’apparenza immotivato.
La bambina appariva felice ed i genitori dichiarano che TikTok, YouTube, Internet erano il suo mondo. “Sempre li’ stava!
E a chi ha avuto in queste poche ore la lucidità di puntare il dito – senza considerare le enormi difficoltà che oggi incontrano i genitori nella gestione di una relazione, quella tra i propri figli e i cellulari, all’apparenza pressoché granitica – hanno risposto che no, il controllo in effetti non c’era. Non serviva. C’era la fiducia. Ed è questo che un po’ mi lascia perplessa. Perché fiducia significa essenzialmente “atteggiamento verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità” (cit. Treccani).
E i bambini, come gli adolescenti del resto, è difficile che riescano ad instillare fiducia negli adulti – ed a farli stare tranquilli – tanto ciò vero che si prova sempre una certa preoccupazione nel saperli da soli, dentro come fuori di casa. Certo, un controllo costante da parte dei genitori non soltanto non sarebbe fattibile concretamente – per la mole di impegni che si richiede oggi alle famiglie – ma finirebbe per essere controproducente per la crescita dei figli ed estremamente pericoloso per lo sviluppo della loro indipendenza ed autonomia. Tuttavia, la condivisione delle loro attività quotidiane – siano esse scolastiche o extra scolastiche – il confronto su episodi che si verificano nella realtà, lo scambio di opinioni in merito alla mutevolezza dei propri stati d’animo, la trasmissione di informazioni di natura culturale, sentimentale, sessuale … questo non dovrebbe mancare nel rapporto Genitori-Figli. Io non so cosa sia avvenuto. Noi non sappiamo nulla di questa bambina, del suo rapporto con i genitori, con la scuola, con gli amici, con i social.
Non sappiamo nulla di quello che è avvenuto nel bagno della sua abitazione e sui motivi che l’hanno spinta ad un gesto così estremo da averle provocato la morte.
Ma il Garante della Privacy, anticipando gli esiti dell’inchiesta della Procura di Palermo, ha decido di vietare “il trattamento dei dati degli utenti che si trovano sul territorio italiano per i quali non vi sia assoluta certezza dell’età e del rispetto delle disposizioni collegate al requisito anagrafico” fino al prossimo 15 febbraio.
In realtà, TikTok, come del resto gli altri social, non consente l’accertamento veritiero dell’età dei propri utenti (basta mentire al momento della compilazione del form) i quali, per la legge italiana, non dovrebbero essere minori di quattordici anni. E la “palla” passa, dunque, ai genitori, ai quali spetta la delicata ed importante funzione di indicare, per quel che riguarda la relazione Figli/Rete, almeno dei criteri chiave da seguire nel comportamento da tenere davanti a contenuti violenti o inappropriati,. Funzione che rientra in quella ben più ampia e complicata dell’Educare un figlio o una figlia nella attuale “complessa società”. Funzione impegnativa, non c’è che dire. Ma l’importante è non abdicare!!!