Grandi Aspettative. E come sempre la realtà delude. Ieri sera Mario Draghi al Quirinale. Accetta l’incarico conferitogli con riserva dal Presidente Mattarella e legge la lista dei ministri. Certo, tecnici di spessore, soprattutto ai ministeri-chiave: Economia, Transizione ecologica, Giustizia, Interno, Innovazione tecnologica, Infrastrutture e trasporti. Per il resto, uomini e donne “etichetta” dei partiti politici che si sono dichiarati disponibili a concedere la fiducia a un governo che nasce sotto l’egida della “unità nazionale”. Le crisi, sanitaria ed economica, che attanagliano il nostro Paese, necessita anzitutto di un “buon governo” e, quindi, della repentina risoluzione della crisi politica innescata da Matteo Renzi e sfociata nelle dimissioni dell’ex Premier Giuseppe Conte. E la scelta dei ministri da proporre al Presidente della Repubblica da parte di Mario Draghi risponde, certamente, alle indicazioni che il primo gli ha fornito: di prendere in mano il comando di una imbarcazione in “pericolo di perdersi” e condurla in un “porto sicuro”. Per far ciò, il nuovo Presidente del Consiglio si è mostrato ben consapevole della necessità di scendere a compromessi con le forze politiche che si sono rese disponibili – nel corso delle consultazioni – a garantirgli una larga “fiducia” in Parlamento. E, dunque, ecco gli “spacchettamenti” dei ministeri, l’attribuzione di diversi incarichi “senza portafogli”, le conferme in alcuni ruoli apicali (vedi ministero degli Esteri) di esponenti discutibili, la creazione di ministeri ad hoc su istanza di un comico italiano che si professa “capo” di un movimento politico del tutto “liquido” ed assolutamente tra i più “trasformisti”. Ed ecco i conseguenti “mal di pancia” di chi si aspettava qualcosa di diverso (ed anche di più … diciamolo!) rispetto ad una compagine governativa che ricorda, invece, alleanze vecchio stampo come quelle che caratterizzarono il Pentapartito democristiano degli anni Ottanta. Certo, in questo caso ci sono i “Tecnici” (Daniele Franco, Roberto Cingolani, Vittorio Colao, Enrico Giovannini, Marta Cartabia .. .), quelle personalità di spessore che dovrebbero garantire “qualità” alla squadra, onde consentirle un discreto gioco ed un buon risultato finale … dobbiamo soltanto augurarci che gli altri, i “Politici” (uomini e donne di colorazione politica diversa e finanche opposta), non facciano troppi danni gestendo settori per i quali non vantano specifiche competenze. Ed ecco, allora, che Mario Draghi – acclamato dalla maggior parte degli Italiani come un Messia in grado di restituire al Paese quei livelli di crescita economica che si verificarono nel secondo dopoguerra, quando le risorse del “Piano Marshall” trovarono in Einaudi il suo più autorevole “canalizzatore” – finisce per l’apparire anche come garante delle singole posizioni attribuite ai suoi Ministri, oltre che come il collante delle molteplici sfumature politiche di cui essi si colorano. Una bella sfida, non c’è che dire! Del resto … è il minimo per l’uomo che con il suo “whatever it takes” salvò la politica monetaria europea dal più grande default a cui essa era destinata!