Forse pensavamo che una Pasqua come quella trascorsa lo scorso anno non si sarebbe più ripetuta. Come bambini ingenui e spensierati, ci siamo illusi che sarebbe stata una esperienza unica … quella caratterizzata dal rimanere chiusi in casa, in compagnia dello strettissimo nucleo familiare ed orfani di quei culti e quelle tradizioni che da sempre accompagnano i giorni che precedono la Santa Pasqua in Penisola Sorrentina. Le processioni che un tempo si dipanavano lungo le strade dei nostri Comuni, come ordinate file di formiche, le abbiamo ricordate attraverso i suoni trasmessi durante la notte dalle varie congreghe. Le note familiari dei canti del “Miserere” e del “Figlio Mio” hanno cullato i nostri sonni leggeri, inframmezzati da rimpianti e desideri … nei confronti di una normalità che continua ad apparirci utopica. Ci siamo destati dal sonno avidi di tempo, spazio, suoni e colori che non riusciamo ad afferrare pur anelando disperatamente. Pasqua, si sa, significa “passare oltre”. È già, di per sé, una parola carica di Speranza. L’oltre rappresenta, infatti, il “più in là” di un certo limite: spaziale, temporale o ideale che sia. Ecco perché in questo tempo di pandemia globale – carico di tensioni, vuoti e preoccupazioni – la Pasqua assume i connotati di un passe-partout dell’Anima, che consente di aprire varchi anche nei più coriacei ed intricati roghi della Coscienza, onde consentire il passaggio di quelle gocce di speranza che, uniche, ci consentiranno di passare “oltre” e lasciarci così alle spalle questo doloroso segmento della nostra complicata esistenza!