Leggo e ascolto. Negli ultimi giorni tantissimi amici e conoscenti provano a dire la loro in merito alle recenti disposizioni del Governo sulle riaperture delle scuole e degli esercizi commerciali. I punti di vista sono molteplici. C’è chi teme molto i contagi ed è preoccupatissimo di questo “tana libera tutti” che potrebbe determinare un aumento del famoso RT il quale da mesi costituisce un alert pericolosissimo. C’è chi al contrario, pur non essendo completamente indifferente al rischio di un potenziale aumento dei contagi, ritiene necessario riprendere il normale corso della propria esistenza, anche in considerazione delle problematiche di varia natura – economica e sociale in primis – che si sono sviluppate in maniera esponenziale nell’ultimo anno. I primi, forse, appartengono alla categoria dei privilegiati. Quella che ha potuto far fronte in qualche modo alla crisi economica, contando, magari, su un salario o uno stipendio che hanno reso meno drammatica la loro permanenza in “zona rossa”. Gli altri sono per lo più esponenti di altre categorie. Stremati, stanchi, disagiati, privati della possibilità di svolgere la propria attività lavorativa, sono quelli che pur avvertendo il “rischio” del contagio da Covid, con il “rischio” ci convivono da sempre, perché lo hanno abbracciato quando si è trattato di scegliere come vivere (se di scelta può parlarsi in un paese dove spesso il lavoro autonomo rappresenta soltanto un ripiego per non essere riusciti a “sistemarsi” con il tanto agognato “posto fisso”) Ad ogni modo gli uni e gli altri, in questo momento, criticano aspramente le scelte del Governo. Perché per i primi, dare avvio alle “aperture” – seppur contingentate – comporta la scelta scellerata di esporre tutti al contagio. Mentre per gli altri le stesse rappresentano un “contentino” non sempre attuabile nella pratica e ad ogni modo foriero di discriminazioni e differenze di trattamento ingiustificate e ingiustificabili. Perché solo i ristoranti che hanno la possibilità di lavorare con tavoli all’esterno? E perché fino alle 22? Il capitolo scuola lo apro e lo chiudo perché l’indignazione per essere stata fanalino di coda nelle scelte governative è talmente esasperata che bisognerebbe cospargersi il capo di cenere e lavorare sodo per i prossimi dieci anni. Ma del resto si sa, l’istruzione il PIL non lo crea. Piuttosto lo consuma! Ad ogni modo, a chi mi chiede io cosa ne pensi, rispondo che chi ci amministra – tutti, da chi lo fa a livello locale a chi se ne occupa a livello nazionale – ha sprecato un anno di lontananza degli studenti dai banchi di scuola (che spreco quei 300 milioni spesi a inizio anno scolastico!!) senza essere stato capace di ovviare alle mastodontiche e già evidenti défaillance dei trasporti locali, l’anello debole di una catena che ha visto nella Scuola la sua maglia più solida, con un dispendio di forze, energia ed abnegazione, da parte di tutto il personale (dirigenziale, docente e non docente), senza precedenti e senza risparmio. Scuola che ha lavorato in silenzio e duramente affinché tutta quella parte di popolazione che interessa poco ai politici – perché non vota e non produce reddito – avesse l’opportunità di condurre senza eccessivi traumi (si è fatto quel che si è potuto ma le fragilità, didattiche e sociali, se le porteranno dietro per molti anni!) la loro esistenza da studenti. Ma no, questo non interessa. Ancora oggi ascolto amenità sul ruolo della Scuola e dei Docenti che preferisco non commentare. Io credo fermamente nella ripresa, pur comprendendo che si debba essere cauti e moderare un entusiasmo che pur mi piacerebbe manifestare e condividere. Il virus non verrà sconfitto a breve, lo sappiamo. I vaccini faranno senza dubbio la loro parte, e consentiranno di riappropriarci di spicchi di cielo che appaiono come frammenti luminosi di un mosaico ancora indefinito ma che pur non vediamo l’ora di portare a compimento. Perché soltanto la determinazione ed il coraggio di osare – pur con le debite precauzioni che il caso impone – ci consentiranno di uscire dal tunnel imboccato oltre un anno fa e che ha reso questo periodo della nostra vita un’oasi purtroppo infelice dalla quale allontanarsi al più presto affinché resti null’altro che un miraggio!