Le Vite scorrono come fiumi in piena verso la loro naturale foce, sia essa semplice, a delta o a estuario. Almeno … guardandole da una certa distanza, esse appaiono proprio così. Un unico corpo ricurvo in più punti. Come quello dei fiumi, appunto. Come vene di un complesso sistema di vasi che talvolta si intersecano ed altre, invece, semplicemente si avvicinano e si sovrappongono ad altre vene … per poi magari allontanarvisi nuovamente e prendere direzioni diverse. Questo, dicevo, quando la visuale è d’insieme. Da una certa distanza. Quando, invece, ci si avvicina, come farebbe un regista con la videocamera qualora intendesse soffermarsi su un particolare della scena (un volto, un oggetto, un dettaglio del paesaggio), allora cambia tutto. Ricordo, molto tempo fa, un gioco televisivo in cui, appunto, bisognava indovinare una immagine che era nient’altro che l’ingrandimento macroscopico di un dettaglio di un oggetto … ed era difficilissimo. Quando qualcuno, dopo molti tentativi, ci riusciva – e l’obiettivo zoom improvvisamente si ritraeva (come il capo di una tartaruga spaventata) fino a consentire ai telespettatori di avere contezza dell’oggetto da cui era tratto il dettaglio – io restavo sempre attonita, meravigliata, da come quel particolare sembrasse non appartenere per nulla all’oggetto di cui era parte.

L’immagine in calce, per esempio, è un primo piano dell’ala di una libellula. L’avreste mai detto?

Ecco, le Vite delle Persone appaiono proprio così. Le guardi dall’esterno, da quella distanza che normalmente ti consente una visione d’insieme, e sembrano dipanarsi in un certo modo. Cioè … ti fai una idea di quella Vita. In linea di massima, riesci anche a trarre delle conclusioni sullo stile, il tenore, il grado di soddisfazione o, al contrario, di frustrazione di chi la conduce. Certo, dipende sempre dal grado di conoscenza che hai di quella Persona, da quanto esso è profondo o, di contro, superficiale. Ma è l’intero “fiume” quello che appare. Dalla sorgente alla foce, sia essa il mare, un lago o un canale. Con tutte le sue anse ben definite. Ma se ti avvicini ad un tratto preciso di quella esistenza, perdendo di vista l’insieme e focalizzandoti su un dettaglio, allora cambia tutto. Perché è come se il resto non esistesse e l’attenzione fosse attirata da un dettaglio della vita di quella persona, che è indipendente da tutto quanto il resto e che va, quindi, valutato semplicemente per quello che è: un evento, positivo o negativo; un comportamento, giusto o sbagliato; una scelta, una circostanza, una opinione, una malattia, un traguardo professionale, un fallimento, una nascita, un incontro, un addio. Sono frame. Ognuno di essi è un frammento di esistenza che considerato in sé, assume un certo significato. Con una valenza che potremmo definire oggettiva, se volessimo. Ma che, letto e interpretato alla luce di tutto il percorso di Vita di quella persona, ne assume un altro; magari completamente diverso e che non può prescindere da valutazioni puramente soggettive. Una Vita “segmentata”. Riflettete. È così che va descritta una esistenza. Chi può dire che scorra fluida, liscia come l’olio, senza intoppi? chi può affermare, senza ombra di dubbio, che la propria vita non sia stata caratterizzata da frenate, stop improvvisi, cambi di direzione, inversioni (anche ad U, che è consentito!!), frane e imprevisti vari, smottamenti e naufragi? Nessuno. Ed è per questo che quando siamo tentati dal giudicare l’esistenza altrui, dovremo ritirare lo zoom ottico della nostra videocamera ed allontanarci da una visuale così dettagliata della vicenda ripresa dall’obiettivo. Questo, infatti, ci impedisce di guardare l’insieme e ci impedisce di ammirarne, conseguentemente, l’unicità. Perché nessuna Vita è uguale all’altra. Come nessun fiume è uguale ad un altro!