Un giorno per caso incontrai l’Amore.

Non me ne accorsi subito.

Inciampavo talvolta per strada a causa delle buche e delle pietre del percorso.

Inciampai anche quella volta.

Mi rialzai come al solito, mi guardai le ginocchia. Niente. Solo qualche escoriazione e un po’ di polvere.

Il tempo di sbarazzarmi con le mani dai residui del pietrame sulle ginocchia e proseguii.

L’Amore cresceva e non me ne rendevo conto. C’era una certa ritrosia ad ammettere che qualcosa era diverso dal solito. Perché in effetti era diverso tutto quanto avevo vissuto fino a quel momento.

Il senso di Libertà mi invadeva e, più si espandeva in me, più il sentimento verso l’Altro cresceva. Che, se ci pensiamo, è un paradosso.

Il legame stringe, non allarga. E invece il mio Cuore si dilatava. L’Amore in me è sempre cresciuto. Anche quando mi sono sentita completamente libera di fare ciò che desideravo e ciò che provavo. Anche di tradire. Quell’Amore lì mi tratteneva da incaute irrequietudini dell’animo e da altalenanti turbamenti. Perché era alimentato da momenti irripetibili ed altamente emozionanti che donavano ossigeno al Cuore e benessere alla Mente.

Poi l’Amore ha rallentato la sua ascesa. Ha cominciato a tossire. Si è ammalato. Mancava l’aria, l’acqua, il vento impetuoso e la bizzarra sintonia tra Cuore e Ragione. Si è assopito.

Ed allora ho cominciato a sbandare. E tutta quella libertà che era stato il fertilizzante del mio Amore ha assunto le sembianze e la funzione di un potente pesticida che lo stava avvelenando. Diventava Indifferenza.

L’Amore muore.

Perché nessuno se ne prende cura. Siamo distratti dagli eventi, dal lavoro, dalla crisi, dai profitti.

Si preferisce “curare” altro. Cose più concrete e proficue di un Sentimento.

L’Amore muore.

E a me non resta che scrivere poche righe per descrivere il rammarico che provo nell’averlo incontrato per caso e non essere stata in grado di far comprendere all’Altro la sua imponente dimensione.

Mi preme che sappia che avrei voluto rimanere ancora un po’, soltanto per guardarlo un’ultima volta e salutarlo in un modo che fosse all’altezza dell’Amore che ci siamo dati.

Avrei voluto giocare ancora con i suoi occhi e leggerli per scoprire se davvero non c’è più nessun mare che ci unisce.

Il mio silenzio è solo la mia lotta interiore per non tornare indietro. Avrei voluto che lottasse un po’ di più per quell’Amore in cui anche lui si è imbattuto per caso. Che lottasse per quella “giusta” … “l’eletta”, come mi definiva lui. Che mi desiderasse nella sua quotidianità e non soltanto nei momenti emozionali che ci siamo regalati. E che un un giorno, magari, anche soltanto per un attimo, smettesse di vedere la bellezza nelle gambe e nel naso perfetto di improbabili ed utopiche “donne da copertina” e che si accorgesse di quanto era rara e preziosa la bellezza di come lo guardavo io.