Le attese sono sempre una fonte di eccitazione.

Bisognerebbe vivere di attese.

Benché esse possano rivelarsi per taluno estremamente frustranti.

Invece le attese tengono “vivi”.

Con quel rischio sempre presente di non essere ben ripagate.

Oppure, di non esserlo affatto.

Quando si attende una Persona c’è il rischio che non verrà.

Ma basta calcolare il rischio.

Da un lato.

Ed essere comunque pronti e preparati all’eventualità che il vuoto dell’attesa non venga colmato.

Dall’altro.

È un po’ che vivo così.

È come se mi divertissi sul filo come un funambolo che sfida il vuoto.

Ho creato una rete immaginaria di protezione che è lì in basso a raccogliermi in caso perdessi l’equilibrio.

Ho la sensazione, in questo modo, di vivere come desidero.

Anche al di sopra delle righe.

Anche fuori dagli schemi.

Ho sempre odiato gli schemi.

Li trovo limitanti.

Si possono ingabbiare i numeri, i dati. Anche le informazioni.

Ma le Emozioni. I Sentimenti. La Creatività. L’Intemperanza. Le Inquietudini.

Come fai a comprimerle in una riga, in una colonna o in una casella di testo?

Zippare un concetto può essere utile a chi deve pronunciare un discorso. Purché poi quel discorso si espanda dinanzi alla platea a cui è rivolto rivelando tutta la sua complessità di pensiero.

I pensieri non sono mai semplici.

C’è sempre un movimento dietro al pensiero.

E i movimenti generano caos, confusione, scontri, scintille.

Le attese sono cariche di pensieri.

Chi attende non può fare a meno di domandarsi, ad esempio, se lui o lei verrà. Quando. In che modo si presenterà. Come verrà accolto. Se si riuscirà ad essere spontanei oppure se si sarà in grado di recitare il copione che ci si è imposti.

Il problema è sempre lo scenario che si paleserà nel “dopo”.

Dopo l’attesa. Intendo.

Ma l’attesa potrebbe rimanere fine a se stessa. Non dare frutti.

Rimanere cristallizzata in una gelida roccia di noncuranza.

Che non fa male.

È lì.

A ricordarci che poteva essere e non è stato.

Ma che è stato, comunque, bello attendere.