Fino alla fine della seconda guerra mondiale le donne in Italia non potevano né votare né intentare una causa. Non erano tutelate quando aspettavano un figlio. Non avevano accesso a molte cariche professionali. Non contavano in alcun modo nella vita politica, economica e sociale del paese.
Le cose cominciano a cambiare a partire dal 1945 quando per la prima volta viene loro consentito di votare ed essere votate (Decreto Luogotenenziale n. 23 del 1° febbraio 1945). Il primo suffragio universale risale al 2 giugno 1946 in occasione del referendum istituzionale e le elezioni dei membri dell’Assemblea Costituente. La partecipazione al voto da parte dell’elettorato femminile fu all’epoca cospicua (oltre 8 milioni di votanti donne sopra i ventun anni) smentendo un atavico pregiudizio relativo all’indifferenza delle donne verso la politica.
Il numero delle elette non fu elevatissimo: 21 su 556 (9 deputate democristiane, 9 comuniste, 2 socialiste, una del partito “Fronte dell’Uomo Qualunque”). Donne della media borghesia, provenienti per la maggior parte dal Centro Nord. Formazione culturale universitaria, prevalentemente di stampo umanistico, attività giornalistica. Fanno parte della “Commissione dei 75” che si occuperà della stesura della Costituzione repubblicana Nilde Iotti, Maria Federici, Angela Merlin e Teresa Noce (Angela Gotelli si aggiunge nel febbraio del 1947).
Gli artt. 3, 29 e 37 della Costituzione garantiranno rispettivamente, in via generica e nell’ambito familiare e lavorativo, l’uguaglianza di genere. Ma è con la legislazione successiva che queste stesse norme troveranno concreta attuazione.
A tal proposito, va evidenziato come le leggi che vedono come protagoniste le donne negli ultimi settant’anni si muovono in due direzioni diverse:
A) Da un lato, si cerca di abrogare le norme più esplicitamente sessiste, cercando di promuovere la parità uomo/donna in ambito familiare, lavorativo e sociale;
B) Dall’altro, si approvano leggi in grado di promuovere una nuova cultura del vivere insieme, stigmatizzando comportamenti violenti degli uomini ai danni delle donne medesime.
Come spiegava Montesquieu nel 1748 “quando si vogliono cambiare i costumi di una società e modificarne i comportamenti, non ci si deve illudere; le leggi sono necessarie ma mai sufficienti; affinché la legislazione possa avere un impatto sulla società, deve sempre essere accompagnata da numerose azioni sociali ed educative”.
Date e leggi che hanno caratterizzato il cammino delle donne nelle due direzioni sopraindicate sono le seguenti:
1950: Con la legge n. 860 si appronta la tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri
1963: Con la legge n. 75 (c.d. “legge Merlin”) viene abolita la regolamentazione della prostituzione
1963: Con la legge n. 66 viene consentito l’accesso delle donne alla professione di magistrato (nel 1981 saranno ammesse nel Corpo di Polizia e nel 1999 nelle Forze Armate)
1966: la pillola anticoncezionale arriva in farmacia ma può essere prescritta soltanto per motivi terapeutici e non come antifecondativo perché la legge considera la contraccezione come “reato contro la stirpe”. 1968: l’adulterio cessa di essere reato (l’art. 486 del Codice Penale prevedeva una pena detentiva da tre mesi a due anni per la donna adultera, mentre puniva il marito solo se la relazione extraconiugale era conosciuta da un certo numero di persone e quindi offendeva la morale e la famiglia in pubblico).
1970: con la legge n. 898 viene introdotto l’istituto del divorzio (con referendum abrogativo del 1974 i cittadini votano per la non abrogazione del testo di legge).
1971: con la legge n. 1204 viene approntata la tutela delle lavoratrici madri (con l’introduzione del divieto di licenziamento delle madri durante il periodo di gestazione e fino al compimento di un anno di età del bambino).
1971: viene legalizzata la vendita della pillola anticoncezionale.
1975: con la legge n. 151 si realizza la riforma del diritto di famiglia.
1976: per la prima volta una donna, Tina Anselmi, viene nominata Ministro del Lavoro e Previdenza sociale.
1978: con la legge n. 194 viene legalizzata l’interruzione volontaria di gravidanza (sottoposta a referendum abrogativo nel 1981, la legge resta in vigore).
1979: l’onorevole Nilde Iotti viene eletta Presidente della Camera dei Deputati.
1981: viene abolito il delitto d’onore (che prevedeva una pena limitata da tre a sette anni se un uomo uccideva la moglie, la sorella o la figlia “nello stato d’ira determinato dall’offesa arrecata all’onore suo e della famiglia”. Per l’omicidio del marito era, invece, previsto l’ergastolo) probabilmente a seguito del caso di cronaca che vede coinvolta Franca Viola di Alcamo la quale aveva affermato che “l’onore lo perde chi le fa certe cose non chi le subisce”. Viene, altresì, abolito anche l’istituto del matrimonio riparatore che consentiva allo stupratore di evitare la condanna ove acconsentisse (lui!!) a sposare la sua vittima, perché in tal modo il reato veniva cancellato.
1984: viene istituito il Ministero delle Pari Opportunità.
1993: con la legge n. 81 vengono introdotte per la prima volta, in occasione delle elezioni dirette del sindaco, del Presidente della Provincia e dei Consigli provinciali, le c.d. “quote rosa”. La legge stabiliva che il 30% dei candidati delle liste dovesse essere di sesso femminile, ma la Corte Costituzionale interveniva nel 1995 annullando la normativa de qua.
1996: con la legge n. 66 la violenza sessuale diventa reato contro la persona e non più contro la morale e il buon costume.
2003: con legge costituzionale n. 1 viene integrato l’art. 51 della Carta costituzionale, che garantisce pari accessibilità agli uffici pubblici, con il periodo che recita: “A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità fra uomini e donne.” L’intervento della legge costituzionale sancisce il principio che la presenza femminile nelle aule della politica sia incentivata e siano quindi eliminati tutti gli ostacoli che fino ad ora hanno reso la partecipazione femminile alla vita parlamentare riservata ad un numero elitario di rappresentanti.
2004: con la legge n. 90 si stabilisce che le liste di candidati alle elezioni del Parlamento europeo devono essere formate in modo che nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura superiore a 2/3 dei candidati.
2006: con la legge n. 198 entra in vigore il Codice per le Pari Opportunità.
2009: con la legge n. 11 vengono stabilite misure contro la violenza nei confronti delle donne e viene introdotto il reato di stalking.
2013: con la legge n. 119 vengono inasprite le pene per i reati di violenza sulle donne. Si parla specificamente, per l’omicidio della donna in quanto tale, di “femminicidio”.
2019: con la legge n. 69 (nota come “Codice Rosso”) vengono previsti tempi più celeri per l’avvio dei procedimenti penali relativi ad alcuni reati come quelli di maltrattamenti in famiglia, stalking e violenza sessuale. Vengono, altresì, previsti quattro nuovi reati: diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (cd. revenge porn), deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, costrizione o induzione al matrimonio, violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.
E’ un cammino ancora lungo e tortuoso.
La giornata internazionale delle donne nasce dalle rivendicazioni delle donne del primo ‘900, consapevoli dell’importanza di portare la discussione sulla condizione della donna al centro del dibattito politico internazionale. Si festeggia in Italia per la prima volta nel 1922. Negli anni Cinquanta alla giornata dell’8 marzo venne associato il fiore della mimosa, simbolo della lotta delle donne contro l’usurpazione dei loro diritti. Le Nazioni Unite hanno indetto il primo International Woman Day nel 1975. Nel 1977 l’Assemblea Generale ha adottato una risoluzione per l’adozione annuale della giornata della donna da parte di tutti i paesi membri. Ci si chiede, tuttavia, se ha senso
oggi festeggiare l’8 Marzo.
La situazione femminile soffre ancora enormi carenze e problematiche:

1) violenza contro le donne: nel 2022 le vittime di femminicidio in Italia sono state 104, di cui il 98% uccise da partner e/o ex compagni.

Vale la pena soffermarsi sul termine “femminicidio” che non descrive soltanto una fattispecie di reato, ma un movente: ci dice che una donna è stata uccisa da un uomo perché l’ha deluso, respinto, perché ha esercitato il suo diritto di libertà in modi che, a suo dire, lo offendevano o perché, essendo la moglie o la compagna, era anche la valvola di sfogo di ogni sua frustrazione. Il femminicida uccide perché considera una donna di sua proprietà e si sente in diritto di punirla se non obbedisce o si allontana. Se una donna muore in un incidente stradale con un uomo alla guida non è femminicidio. Se muore in un disastro aereo non è femminicidio. Se muore in seguito a cure sbagliate non è femminicidio. Se le sparano in un regolamento di conti tra capomafia non è femminicidio. Il femminicidio è il frutto sanguinolento di una cultura, non di un incidente.

2) accesso all’istruzione

3) accesso al lavoro

4) parità retributiva

5) diritti civili e legali

6) pari dignità del ruolo materno

7) protezione contro le malattie sessualmente trasmissibili

8) lotta contro la mutilazione dei genitali femminili

Eppure, nonostante la copiosa normativa che le riguarda, ciò che sembra mancare è, spesso, la consapevolezza delle donne verso i loro diritti. E ciò appare assolutamente incomprensibile in una società dove il 60% dei laureati è di sesso femminile.
La risposta non può che essere nella cultura dominante e nella scarsa considerazione che la donna ha di sé.

Occorre, quindi, stravolgere la cultura maschile e maschilista con l’aiuto degli stessi uomini. Educare le nuove generazioni al rispetto, anche delle proprie fragilità, che non sono prerogativa esclusivamente femminile ma appartengono a tutti. Soltanto così si acquisirà consapevolezza del fatto che la parità non è un problema soltanto femminile ma deve stare a cuore a tutti coloro che aspirano ad una società giusta ed equilibrata.