La Vita frenetica impedisce spesso l’affiorare di riflessioni che pure dovrebbero contribuire a renderci, se non consapevoli, almeno curiosi. Anche io, come tutti ormai, riempio i miei esigui spazi vuoti guardando distrattamente lo schermo di un cellulare. Noto che lo preferisco a un libro, alla TV, ad una telefonata con un amico o, addirittura, ad una salutare passeggiata nei luoghi incantati che mi circondano. Sono pigra! È più facile, se si hanno dieci minuti, quindici o venti, ma anche un’ora di tempo a disposizione, starsene comodamente seduti sul divano o a letto e maneggiare il cellulare che ti propone una quantità smisurata di contenuti, che non alzarsi, scegliere un libro e sfogliarne le pagine o accendere la TV e fare zapping con il telecomando. Una forza “disumana” dovrebbe spingermi ad alzarmi per uscire di casa, sopratutto d’inverno, per trovare ristoro camminando (ristoro … camminando? A pensarci, mi sembra un ossimoro!!). Però, a volte, me lo impongo. Per esempio, ho sempre un libro nella borsa. Ho notato che nelle pause/attese (file, treno, aliscafo, medico) sono tutti chini sui propri cellulari. Non ci si guarda neanche più. Troppe energie anche nel comunicare verbalmente. Mi impongo allora di aprire il libro e di leggerne almeno un paio di pagine, di fare una telefonata per sentire un amico e “curare” le mie relazioni ma … è una lotta impari. Finisco sempre, poi, per cedere, e prenderlo il cellulare dalla borsa in cui l’avevo riposto. Certo, negozio con me stessa il tempo da dedicargli. Ma sento che alla fine le mie sane abitudini soccombono dinanzi al primato della tecnologia. Oggi ero da sola a fare colazione. Per me è un giorno di riposo dal lavoro. Anche per i miei ragazzi. Ma loro sono rientrati a casa verso le sei di mattina, stanchi per aver trascorso la notte in processione. Ora dormono. Io mi sono imposta di non toccare il cellulare. Mi sono fatta una tazza di orzo con l’orziera che mi regalò anni fa mio suocero (pensieri carini aveva per me, mi capita di soffermarmi spesso su di lui), ho assaggiato il plumcake allo yogurt che ho preparato per i ragazzi l’altro ieri e che è quasi terminato. Buono, però … non sono molto brava nel preparare i dolci ma questo è un evergreen che ripropongo da tempo. Ci ho fatto la mano e … difficilmente sbaglio. Ne ho tagliato una fetta ma poi, dal vassoietto che avevo innanzi mi facevano l’occhiolino anche quei meravigliosi “baci di dama” che un’amica mi ha regalato qualche giorno fa … ah le amiche, quanto sono importanti nella vita. Ti salvano dai baratri in cui ti imbatti senza neanche capirne il motivo! Scorgo la fruttiera piena di mele. Mia zia me ne porta di continuo … teme che ne rimanga senza. Io amo la frutta. Tutta indistintamente. È una caratteristica della mia famiglia; anche mio padre la ama, e mio fratello, mia sorella e mio nipote … non può mai mancare in casa. La tavola in cucina non è mai “fiorita”. Oggi lo è. Il girasole che spicca solitario nel vaso è anch’esso dono di un’amica. Sono state qui alcune di loro giorni fa e hanno pensato di omaggiarmi ognuna con un piccolo pensiero … mi ha fatto piacere offrire loro un aperitivo per scambiarci gli auguri pasquali. Diversificare le amicizie. Lo dico sempre ai miei figli. L’amico del cuore, quello “speciale”, è importante, ma capita che talvolta non c’è – per un motivo più o meno valido e condivisibile – e ognuna delle persone con cui scegli di “coltivare” una relazione ti dona qualcosa in termini spirituali, culturali, emozionali, professionali … umani.

Il girasole mi fa pensare a mia zia. Il faro di una vita. Quella che c’è stata e c’è sempre. Come e, talvolta, più di una mamma. Capita a tutti, credo, di avere momenti di scoramento, di sfiducia, di sconforto. Bisognerebbe che tutti avessero una zia come la mia. Buona come il pane, disponibile, tollerante con tutti, gentile, generosa, colta, fedele, altruista, traboccante d’amore. Pensieri ne ho tanti … si affastellano nella mia mente vivace e curiosa. Scrivo, perché non voglio perderli. Scrivere per me significa cristallizzare gli attimi. Scomporli, analizzarli, amarli. Questo istante lo voglio conservare … la fotografia mi aiuta in questo. La guardo e mi rassereno con la vita. I ragazzi dormono, di là tranquilli nei loro letti. Io sono qui in cucina e sono in pace con me stessa e con il mondo. Me ne starò qui ancora un poco, a farmi cullare dalla gratitudine che provo … poi, come sempre, la mente avrà bisogno di svago e leggerezza e tornerò a ispezionare i labirinti infiniti del mio smartphone.