Lo scorso 3 agosto la collisione tra due imbarcazioni nei pressi del Fiordo di Furore in Costiera Amalfitana, ha scosso l’intera comunità locale e non solo.

Nella predetta collisione ha perso la vita la turista americana Adrienne Vaughan, che al momento dell’impatto era distesa sul prendisole a prua del gozzo “Aprea” condotto dallo skipper Elio Persico, trentenne di Massa Lubrense alle dipendenze della società di noleggio” Daily Luxury Boat” di Nerano a cui risulta intestata l’imbarcazione.

Ad Amalfi, sul molo Darsena, un’ambulanza ha atteso l’arrivo della barca con a bordo la donna ferita per poterla trasferire in codice rosso al vicino Pronto Soccorso di Castiglione, dove i medici hanno provato a salvarle la vita. All’arrivo dell’eliambulanza, che avrebbe dovuto trasportarla all’ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno, però, la donna è deceduta, lasciando il marito (anch’egli ferito ma non in maniera grave) e i due figli minori, tutti a bordo dell’imbarcazione al momento della collisione.

Entrambe le imbarcazioni coinvolte sono state sequestrate al fine di consentire lo svolgimento delle indagini da parte della Magistratura.

Com’è prassi, le indagini e le perizie tecniche non si stanno concentrando solo sul motoscafo guidato dal trentenne di Massa Lubrense – allo stato indagato per omicidio colposo e naufragio colposo in quanto positivo all’alcol test e al drug test – ma anche sul veliero “Tortuga”, contro cui il gozzo ha impattato, e sul Comandante dello stesso; proprio al fine di accertare eventuali responsabilità penali e/o civili ascrivibili all’uno, all’altro o a entrambi.

Con il doveroso rispetto verso l’attività di indagine e successivamente di valutazione che spetta in via esclusiva all’Autorita’ Giudiziaria competente, in questa sede ci si limiterà a chiarire alcuni aspetti prettamente giuridici connessi al caso in esame, partendo dal presupposto che quello di cui si discute è un sinistro marittimo ed in quanto tale oggetto di specifica normativa di settore che diviene ancor più speciale allorché esso coinvolge due imbarcazioni da diporto.

Orbene, va preliminarmente sottolineato come in caso di incidente nautico causato da una unità da diporto (nave, imbarcazione, natante, canoa, pedalò, moto d’acqua) il soggetto danneggiato (che può essere un’altra imbarcazione oppure anche un bagnante o un sub o un “trasportato” come in questo caso) ha il diritto di ottenere un risarcimento per tutti i danni patiti alle cose e alla persona, ed ha il diritto di ottenere il risarcimento dei danni sia patrimoniali che non patrimoniali.

L’art. 123 del Codice delle assicurazioni private (D.lgs. 7 settembre 2005, n.209) prevede espressamente che “le unità da diporto, con esclusione delle unità non dotate di motore, non possono essere poste in navigazione in acque ad uso pubblico o su aree a queste equiparate se non siano coperte dall’assicurazione della responsabilità civile verso terzi prevista dall’articolo 2054 del codice civile”. La norma de qua prosegue: “Alle unità da diporto si applicano, in quanto compatibili, le norme previste per l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore.”

È opportuno a questo punto specificare che per unità da diporto si intendono sia natanti, imbarcazioni e navi che non vengono utilizzate per scopi commerciali (ma solo per motivi sportivi e ricreativi e la cui navigazione è effettuata in acque marittime o interne) e sia natanti, imbarcazioni e navi utilizzate per fini commerciali (ovvero tutte quelle unità da diporto oggetto di contratti di locazione e di noleggio, oppure utilizzate per l’insegnamento professionale e/o come unità d’appoggio per immersioni subacquee sportive o ricreative). Secondo quanto stabilito dalle normative europee, il massimale minimo di legge (capitale assicurato) previsto per la responsabilità civile delle unità da diporto è pari ad euro 7.290.000 per sinistro, indipendentemente dal numero di persone coinvolte nell’incidente.

Inoltre, secondo quanto stabilito dall’articolo 144 del medesimo Codice delle assicurazioni private, il soggetto danneggiato da un sinistro causato dalla navigazione di una unità da diporto per la quale vige l’obbligo assicurativo, ha azione diretta per il risarcimento danni nei confronti della compagnia assicurativa del responsabile dell’incidente entro i limiti del massimale di polizza.

C’è poi una ulteriore questione che rileva nel caso di specie.

Lo skipper alla guida del gozzo “Aprea” era alle dipendenze della società di noleggio proprietaria del medesimo e quindi, ferma restando la responsabilità penale del primo – la responsabilità penale è sempre personale – quella civile, con gli esosi esborsi in denaro che ne derivano, potrebbe essere imputata alla seconda in virtù del rapporto di preposizione che sussiste tra i due ai sensi dell’art. 2049 c.c.

Nel contratto di noleggio, infatti, oltre ad essere esclusa in via generale la responsabilità per danni nella navigazione, essendo l’unità condotta sotto la direzione del soggetto noleggiante (diversamente da quanto accade nella locazione) il Codice del diporto stabilisce che debba essere prevista, a cura del noleggiante, una copertura assicurativa a favore del noleggiatore e dei passeggeri per gli infortuni e i danni subiti in occasione o in dipendenza del contratto di noleggio.

In tal caso, la responsabilità nei confronti della società noleggiante ricadrà normalmente sul soggetto che ha stipulato il contratto, salvo poi eventuali rivalse nei confronti di colui che in concreto ha provocato il danno (ovvero, nel caso di specie, lo skipper quale conducente dell’unità da diporto).

Per la quantificazione del risarcimento dei danni di lieve entità (sotto i 9 punti percentuali di invalidità permanente) da incidente nautico bisogna far riferimento alle stesse tabelle utilizzate per il calcolo delle micro permanenti da sinistro stradale. Stesso discorso per il calcolo del danno biologico da macro permanenti.

Oltre al risarcimento per i danni fisici subiti, il danneggiato ha diritto ad ottenere un risarcimento anche per tutti i danni patrimoniali sofferti per danno emergente e lucro cessante, ossia per le perdite economiche dirette (spese di riparazione per i danni materiali, cure mediche, farmaci, terapie, riabilitazione, ecc.) e per i mancati guadagni (ad esempio la perdita di giornate di lavoro) provocati dal sinistro.

In caso di incidente nautico mortale (come quello in esame) i familiari della vittima avranno diritto ad un risarcimento per le sofferenze psico-fisiche ed i danni patrimoniali patiti a causa della morte del proprio congiunto.

Va specificato in ogni caso che l’assicurazione obbligatoria della responsabilità civile del proprietario di unità da diporto – quella, per intenderci, prevista dal summenzionato art. 123 del Codice delle assicurazioni private – copre solo i danni alle persone e non alle cose. Per questi ultimi, dunque, non sussistendo alcun rapporto tra assicuratore e danneggiato, il malcapitato soggetto leso non avrà azione diretta contro l’assicuratore.

Per completare questa disamina bisogna ricordare infine che l’art. 40 del Codice della nautica da diporto (D. Lgs. n. 171 del 2005) disciplina la responsabilità extracontrattuale relativa alla circolazione di tutte le unità da diporto, comprese le navi, così come aggiunto dall’art. 3 Legge 172 del 2003 sul riordino della legislazione in materia di diporto nautico. Il secondo comma della norma summenzionata stabilisce, inoltre, che, in tema di responsabilità civile, “il locatario/conduttore di unità da diporto è responsabile in solido con il proprietario e, in caso di locazione finanziaria, l’utilizzatore dell’unità da diporto, è responsabile in solido con il conducente in vece del proprietario”.

Trattasi, dunque, di una responsabilità oggettiva che trova la sua ragione nella specialità del diritto della navigazione rispetto al diritto comune (art. 1 del Codice della Navigazione) per cui responsabile civilmente è anche l’armatore, figura che, ai fini diportistici, utilizza la nave per gli scopi esplicitamente richiamati nell’art. 2 del Codice della nautica da diporto ed è spesso distinta da quella del proprietario.

Dal punto di vista strettamente processualistico va tenuto in debito conto anche il regime prescrizionale applicabile alle eventuali azioni per il risarcimento del danno in ipotesi di sinistri marittimi in cui siano coinvolte unità da diporto.

In base all’art. 547 del Codice della Navigazione “I diritti derivanti dal contratto di assicurazione si prescrivono con il decorso di un anno”.

Tale previsione è sicuramente da applicare nell’esclusivo contesto delle assicurazioni marittime disciplinate dal Libro III, Titolo V, del Codice della navigazione, in deroga al principio contenuto nell’art. 2952 c.c., che prevede la prescrizione biennale dalla data del sinistro dei diritti derivanti dal contratto di assicurazione e riassicurazione.
Ciò posto, la disamina verte sull’applicabilità o meno della prescrizione annuale ai sinistri che coinvolgono unità da diporto.

Per risolvere tale questione occorre partire dal principio generale contenuto nell’art. 1885 c.c. che prevede che “le assicurazioni contro i rischi della navigazione sono disciplinate dalle norme del presente capo per quanto non è regolato dal codice della navigazione”.

In coerenza con detta norma l’art. 1 del codice della navigazione recita “In materia di navigazione, marittima, interna ed aerea, si applicano il presente codice, le leggi, i regolamenti, (le norme corporative), e gli usi ad essa relativi. Ove manchino disposizioni del diritto della navigazione e non ve ne siano di applicabili per analogia, si applica il diritto civile”.

Dalle predette disposizioni sembra evincersi che per le assicurazioni contro i rischi della navigazione si applichi il Codice civile in via suppletiva rispetto alla lex specialis del Codice della navigazione e, pertanto, sembrerebbe rientrare in tale regime anche la nautica da diporto, per la ragione che rilevante ai fini dell’applicazione del Codice della navigazione è la natura della fattispecie (navigazione in senso stretto) piuttosto che i fini commerciali o da diporto della medesima.

Il supporto normativo troverebbe conferma nell’art.1 comma 1, del Codice della Nautica da diporto che così dispone “…per quanto non previsto dal presente codice, in materia di navigazione da diporto si applicano le leggi, i regolamenti e gli usi di riferimento ovvero, in mancanza, le disposizioni del codice della navigazione, approvato con regio decreto 30 marzo 1942, n. 327, e le relative norme attuative”.